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Il trionfo dei fratelli Taviani a Berlino

Paolo e Vittorio Taviani premiati a BerlinoCon l’entusiasmo di due ragazzini, Paolo e Vittorio Taviani hanno accompagnato a Berlino il loro ultimo film Cesare deve morire (in sala dal 2 marzo). Una carriera incredibile, quella dei due fratelli registi, 160 anni in due, autori di La notte di San Lorenzo, Padre Padrone e Allonsanfan, che sembravano ormai avviati verso una dignitosa pensione. Già negli anni 90 sembravano aver perso mordente (Fiorile, Tu ridi, La masseria delle allodole) e invece, con un colpo di coda degno di un giovane coccodrillo, hanno tirato fuori dal cilindro un’opera visivamente potente, potentemente politica, vincendo l’Orso d’Oro a Berlino.

Un concorso composto da 23 titoli, molti dei quali (pensiamo al banale thriller spagnolo Dictado) ben al sotto degli standard qualitativi di sicurezza per un grande festival, ma coraggiosamente più indirizzato al cinema di ricerca. Tra questi, interessante il mistico e pruriginoso greco Meteora e il filippino Captive di Brillante Mendoza, capace di realizzare un ritratto naturalistico di un sequestro di persona. Notevoli invece il portoghese Tabu, lo svizzero L’enfant d’en haut (Sister) di Ursula Meier e l’ungherese Csak a szél (Just the Wind) che ha suscitato un positivo passaparola tra gli addetti ai lavori, intenti a consigliarne la visione.

Ma è Cesare deve morire ad aver colpito nel segno. Un gruppo di detenuti del carcere Rebibbia mette in scena il Giulio Cesare di Shakespeare. I luoghi e i carcerati sono reali, il teatro è vero ma ricostruito per il cinema attraverso un’alternanza tra bianco/nero e colore, vero e falso, commozione e rabbia. Un’opera di grande respiro, dalla messa in scena potente e dal messaggio politico forte e chiaro: senza cultura saremmo meno delle bestie, anche se non ce ne rendiamo conto.

Nonostante fosse data dai bookmaker solo 11/1, a noi sembrava indubbio che un’opera del genere sarebbe stata apprezzata dal presidente della giuria Mike Leigh (Tutto o niente, Segreti e bugie), grande appassionato di teatro, o dagli altri mebri della giuria. Come il regista e fotografo Anton Corbijn (grande appassionato di bianco e nero) o Jake Gyllenhaal che avrà adorato l’intensa e sentita interpretazione dell’ex galeotto e oggi attore di teatro Giovanni Arcuri.

E il trionfo italiano a Berlino non è finito qui. Diaz – Don’t Clean This Blood (in sala dal 13 aprile) di Daniele Vicari, presentato nella sezione Panorama, ha ricevuto il secondo premio del pubblico. Un grande risultato per un’opera che ricostruisce duramente i fatti accaduti alla scuola Diaz durante il G8 di Genova. Un film senza respiro, che sicuramente farà molto parlare di sé.

Una  vittoria del genere non avveniva da 21 anni, quando nel 1991 l’Orso d’Oro a Berlino è andato a La casa del sorriso di Marco Ferreri.

Di seguito tutti i vincitori:
Orso d’Oro per il miglior Film a Cesare deve morire di Paolo e Vittorio Taviani
Orso d’Argento – Gran premio giuria a Just The Wind di Bence Fliegauf
Orso d’Argento per la miglior regia a Christian Petzold per Barbara
Orso d’Argento per la miglior attrice a Rachel Mwanza in Rebelle (War Witch)
Orso d’Argento per il miglior attore a Mikkel Boe Flsgaard in A Royal Affair
Orso d’Argento per il contributo artistico a Lutz Reitemeier per la fotografia di White Deer Plain
Orso d’Argento per la miglior sceneggiatura a Nikolaj Arcel e Rasmus Heisterberg per A Royal Affair
Premio Alfred Bauer (per le nuove prospettive) a Tabu di Miguel Gomes

Tra i premi collaterali segnaliamo:
• l’ambito Orso di Cristallo, conferito da una giuria di bambini, andato a Arcadia Olivia Silver
• il prestigioso Teddy Award, all’opera che meglio rappresenta la comunità GLBT, andato a Keep The Lights On di Ira Sachs
• il classico Premio Fipresci, conferito dalla stanpa internazionale, andato a Tabu di Miguel Gomes
• l’immarcescibile Premio della Giuria Ecumenica, andato a Cesare non deve morire

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