L’unione fa la forza
Tratto dall’omonimo romanzo di Kathryn Stockett (amica d’infanzia del regista), The Help ha fatto incetta di premi, tra cui il Critics’ Choice Award per il miglior gruppo di attrici protagoniste. Il film, che vanta effettivamente un cast femminile di tutto rispetto, attinge molto da quel sottogenere catalogato entro il termine chick flick, etichetta affibbiata alle storie di donne alla ricerca dell’amore o del riconoscimento di un ruolo attivo nella società. Il lungometraggio di Tate Taylor, in effetti, intreccia diversi miniplot per parlare della condizione delle donne di colore nel Mississippi di cinquant’anni fa e, parallelamente, delle tradizioni che legano le donne bianche dell’alta borghesia, affondate nei cliché dell’epoca e incapaci di andare oltre uno sterile e infantile settarismo.
Quale sia il plot principale è difficile capirlo. Il peso di ciascuna storia sembra, a volte, mal calibrato e si stenta a individuare un punto focale. Sono la dinamicità delle scene e l’assenza di tempi morti, assieme alle gag che alleggeriscono l’atmosfera, a proteggere il film dalla dispersività e dalla caduta nell’ovvietà. Ed è certo che il film scorre a meraviglia, nonostante alla fine paia non lasciare niente più di un sorriso sulle labbra. Lo spaccato storico restituito da The Help è disegnato con poche pennellate: sono notizie che entrano nella case tramite tubo catodico, attorno a cui si riuniscono famiglie e domestici. Gli unici due eventi a cui si fa cenno – più per contestualizzare la pellicola, che per arricchirla di nuovi spunti narrativi – sono l’assassinio dell’attivista nero Medgar Evers, nel 1962, e di John Fitzgerald Kennedy nel ’63. Degni di nota i costumi, che hanno già scatenato un revival di abiti vintage; patinata e color confetto la fotografia. La sensazione avvertita, tuttavia, è che i messaggi non siano convogliati con la dovuta forza e che tendano, perciò, a disperdersi qua e là per strada, tra i volti e i caratteri delle donne protagoniste di questo film semi-corale. Semplice e toccante rimane, indubbiamente, il motto di Aibeleen alla bimba di cui si occupa: «Tu sei carina, tu sei intelligente, tu sei importante». Una frase che incita all’autostima e che verbalizza la dignità di una donna che potrebbe essere molto più di ciò a cui è stata destinata ad essere. Magari una scrittrice… magari un’eroina dei diritti delle donne di colore. Purtroppo, però, ciò che si percepisce nel finale è un pallido senso di piccola vendetta privata da parte della comunità di colore; e se la rivincita di Aibeleen, che trova il coraggio di criticare l’acida leader della congregazione femminile di Jackson (Hilly Holbrook), segna una presa di posizione nettamente contraria alla condizione di sottomissione a cui il personaggio è avvezzo, d’altro canto perde la carica emotiva di una incisiva rivolta al razzismo stantio, ma imperante. E del libro inchiesta The Help, andato in stampa grazie agli sforzi di Skeeter, rimane impresso, più che altro, il simpatico aneddoto raccontato dalla grintosa Minnie ai danni della sua ex datrice di lavoro, la già nominata Hilly, alias la cattiva di turno interpretata da una brava Bryce Dallas Howard. L’insistere su questo capitolo del romanzo, a scapito di ben più gravi argomenti, diventa l’ironico suggello di una vicenda incrociata di razzismo e ricerca di indipendenza sociale, che coinvolge tanto i neri, quanto i bianchi (si vede, infatti, quanto il falso perbenismo delle donne di Jackson non solo porti alla ghettizzazione delle proprie domestiche, ma alieni da sé anche personaggi un po’ fuori dalle righe, come la bella Cecilia – ennesima prova della giovane e camaleontica Jessica Chastain – o la brillante Skeeter, che insegue il sogno di emancipazione in una società ancora fortemente patriarcale).
L’ensamble di attrici che popolano The Help è probabilmente il non plus ultra del film, che vive della loro impeccabile e vivificante recitazione: fate caso al potente sguardo di Viola Davis, a metà strada tra il sottomesso e l’ardito o all’impertinente e militaresco fare di Octavia Spencer. Dispiace un po’, quindi, che, avendo dalla sua parte un cast di così grande potenziale, il film incespichi nel buonismo e nella semplificazione di scenari ben più critici. Ma, in fondo, forse, Taylor voleva solo rappresentare l’implacabile e contagiosa energia di una minoranza ritenuta sporca e ignorante, che custodiva nell’animo – a differenza della controparte bianca – quell’incredibile connubio di forza e saggio ottimismo necessario per mantenere la propria dignità, costi quel che costi.
Curiosità
L’autrice del romanzo The Help ha vissuto l’infanzia nel sud degli Stati Uniti, dove l’ha allevata una donna di colore.
A cura di Valentina Vantellini
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