Anonymous: essere o non essere?
Ecco un esempio di cosa succede quando gli studios non interferiscono nel lavoro di un regista… o meglio, quando il regista rinuncia, per una volta tanto, a dirigere blockbuster parchi di contenuti, ma finanziariamente fruttuosi. Roland Emmerich – ricordate il suo ultimo disaster-movie 2012? – ha deciso di autofinanziarsi per dare alla luce un progetto in gestazione da più di dieci anni. E l’esito è veramente impressionante: un thriller politico in costume che dà voce alla teoria cosiddetta oxfordiana, che sostiene, cioè, che il vero autore delle intramontabili opere attribuite a Shakespeare sia, in realtà, Edward de Vere conte di Oxford. Una teoria affascinante e intrigante, tradotta in un lungometraggio che, nonostante apparenti negligenze storiche, rapisce tanto lo spettatore appassionato di letteratura inglese, quanto quello incline alle complottismo.
Dalla scenografia, che ricrea con l’aiuto della VR e della CGI, la Londra di fine Cinquecento, al montaggio, che alterna i flashback al presente e costruisce parallelismi tra la vita di de Vere e gli episodi dei drammi shakespeariani, fino alla direzione degli attori, impeccabili per quanto siano calati nella parte, Anonymous si presenta come un prodotto accurato e profondamente sentito da regista e sceneggiatore. Un film stratificato, che parla di arte, giochi di potere e passioni tanto segrete, quanto irreprimibili; una storia fatta di parole poetiche, intrighi di corte sanguinari e amori folli che pare uscire dalla penna stessa di chi ha composto l’Amleto o il Macbeth. Al prologo il compito di guidare lo spettatore all’interno di una finzione: una rappresentazione teatrale, intitolata appunto Anonymous, che inscena, in un mirabile intreccio di eventi, una rilettura della genesi delle opere di William Shakespeare. Una struttura a scatole cinesi che, attraverso la cornice di un teatro dei giorni nostri, introduce ai fasti del teatro rinascimentale elisabettiano, sul cui palcoscenico si avvicendano personaggi storici del calibro della regina Elisabetta I, re Giacomo I e Sir William Cecil, Christopher Marlowe, Ben Jonson e William Shakespeare. Una cornice che è lì come a ricordarci che il film ci racconta una storia e non “la” storia; una straordinaria e coinvolgente descrizione per immagini di una ipotesi che getta nel fango il più grande drammaturgo di tutti i tempi e che per questo è stata rigettata da gran parte degli studiosi di tutto il mondo. Una sfida sicuramente accattivante per il grande schermo, ma anche un compito non da poco. Il trasferimento su pellicola è parimenti coinvolgente, tanto che il pubblico è naturalmente disposto a sospendere la propria incredulità, come direbbe il poeta romantico S. T. Coleridge, per accettare questa rivoluzionaria revisione. In fondo, il pressapochismo storico scivola quasi in secondo piano quando l’architettura drammatica è solida e fitta di eventi.
Del resto il cinema non è forse nato anche per fare sognare e stupire (e magari fare parlare di sé… )? Basta pensare a Georges Méliès! Come se non bastasse, Anonymous è pure un tentativo di evidenziare quanto l’arte sia strettamente legata alla politica, sebbene sia dichiaratamente un modo per contrapporsi ad essa. Come dice il conte di Oxford a Ben Jonson all’atto della consegna dei suoi manoscritti: «L’arte è politica. Senza la politica l’arte sarebbe mera decorazione». Infine, ma non da ultimo, Anonymous è una favola romantica di un talento inespresso e non riconosciuto, anonimo, appunto. «Essere o non essere?»: che sia davvero questo il dilemma che dilania non solo il principe di Danimarca, ma anche il conte di Oxford, celatosi dietro la firma di un attore di nome William Shakespeare?
Curiosità
Anonymous è il primo lungometraggio di finzione girato con la telecamera digitale ad alta definizione Arri ALEXA. La sceneggiatura del film risale al 1998, ma il progetto è rimasto nel cassetto, poiché proprio quell’anno usciva in sala un altro film su Shakespeare (Shakespeare in Love). Alcune imprecisioni storiche: la musica di accompagnamento al matrimonio di Edward de Vere, nel 1571, è il Requiem di Mozart, composto nel 1791; Cristopher Marlowe è morto nel 1593, ma nel film lo troviamo ancora vivo nel 1598; il Globe Theatre fu dato alle fiamme nel 1613: nel film, invece, viene incendiato l’ultimo anno del regno di Elisabetta (1603).
A cura di Valentina Vantellini
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