Forma senza contenuto
Dopo aver visto la versione di Jane Eyre diretta da Cary Fukunaga, è impossibile non ripensare alle parole di Alfred Hitchcock sul rapporto tra cinema e letteratura, tra cinema e romanzo. Per il grande regista inglese, infatti, quella tra la settima arte e le grandi opere letterarie è una relazione complicata, a volte impossibile, a causa dei modi diversi in cui film e romanzo gestiscono fattori quali il tempo, lo spazio, piani e intrecci narrativi. Adattare i grandi romanzi al cinema significa, quindi, tagliare, semplificare, mutare, per poter rendere i primi conformi alle necessità narrative e strutturali della settima arte; operazioni, queste, che non sempre danno luogo a risultati felici, come nel caso di questa Jane Eyre.
Dal punto di vista della forma, nulla può essere contestato al regista: Michael Fassbender impersona il signor Rochester che tutte le lettrici vorrebbero, bello e dannato al punto giusto; la fotografia regala alcun momenti di pura pittoricità (alcune inquadrature sembrano degli autentici tableau vivant e rimandano fortemente alla pittura d’interni ottocentesca); la macchina da presa è capace di soffermarsi su dettagli di semplice bellezza (un lieve tremolio della mano che nasconde i tumulti del cuore della protagonista; la figura di Jane al centro di un incrocio di vie diverse, inquadratura geometricamente perfetta a cui fanno da contraltare le sofferenze e i dubbi della donna). Volendo però andare oltre l’aspetto meramente formale ed estetico del film, ecco che appare palese la mediocrità di questa ennesima trasposizione del romanzo della scrittrice inglese. Le successioni temporali degli avvenimenti si alternano senza che lo spettatore possa godere appieno del momento narrativo che sta osservando: si pensi ad una delle fasi più importanti della storia, quella in cui nei cuori dei due protagonisti, Jane e il signor Rochester, iniziano a farsi largo i sentimenti che li porteranno ad innamorarsi l’uno dell’altra. Ebbene, se lo sviluppo di questi stessi sentimenti viene insterilito a qualche scena girata frettolosamente, il vero e proprio innamoramento è visivamente reso attraverso alcune inquadrature che paiono decisamente più adatte alla pubblicità di qualche profumo per donna. Tutto nel film di Fukunaga sembra un prodotto ben confezionato dal punto di vista formale, ma a ben guardare manca totalmente il pathos e l’intensità che caratterizza il romanzo di Charlotte Brontë. Michael Fassbender riesce a dare al suo signor Rochester la giusta dose di cinismo e di melanconia, ma non riesce a renderlo realmente intrigante; Mia Wasikowska, invece, regala a Jane il suo bel volto da Madonna preraffaellita, ma non riesce ad interpretare pienamente la parte di questo personaggio letterario, sotto il cui rigore morale ardeva grande passionalità e autoconsapevolezza.
Non rimarranno deluse le fan di Fassbender, sexy anche in camicia da notte, e gli amanti delle storie d’amore in costume. Per tutti gli altri, un bel film, che non riesce a rimane impresso nella mente così come nel cuore.
Filmografia
• Jane Eyre (2011)
• Sin Nombre (2009)
A cura di Saba Ercole
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