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Corpo celeste: Le domande dell’adolescenza

Le domande dell’adolescenza

La rappresentazione del Sud e della Chiesa di Alice Rohrwacher ha compiaciuto certa critica e irritato l’altra. Il catechismo insegnato a colpi di quiz in stile Chi vuol essere miliardario, con tanto di luci abbassate e schermo luminoso, il motivo cantato e ricantato dai ragazzi come un mantra “Mi sintonizzo con Dio, è la frequenza giusta” e i gattini gettati in discarica hanno suscitato le accuse di parzialità dalle voci tradizionalmente più vicine al cattolicesimo e il plauso da quelle più lontane. Di certo la Rohrwacher non è pietosa nei confronti dei personaggi e dell’ambiente che si affacciano lungo la strada di Marta, tredicenne catapultata in Calabria dopo aver vissuto dieci anni in Svizzera. Don Mario è un sacerdote freddo e ombroso, più impegnato sul fronte politico che sulla sua missione pastorale. Santa, la catechista, non si sforza di trovare le parole per arrivare al cuore dei ragazzi ma schiva le domande trincerandosi dietro un “È parola di Dio”. I personaggi di contorno non sono più edificanti: ragazzine in lunghi abiti stellati con l’imprinting delle veline, signore eternamente impegnate in preparativi kitsch e mamme plagiate dai pregiudizi si muovono lungo bretelle autostradali, cavalcavia e discariche.

In Corpo celeste le crepe non mancano. La raffigurazione a senso unico del paese della Calabria, un microcosmo improntato sull’apparenza e la superficialità, rimane pericolosamente in bilico tra realismo e stereotipo. Alcuni personaggi sono semplici figure senza vere motivazioni, come la sorella di Marta che inizia improvvisamente a difendere la sorellina dopo essere stata sua antagonista per tutto il film. Nonostante le pecche di scrittura arriva al cuore dello spettatore – grazie anche alla sorprendente Yle Vianello – l’instabilità di un’adolescente alle prese con la ricerca del senso della sua vita. Marta non è una giovane ribelle: è semplicemente una ragazzina che non riesce ad accettare acriticamente ciò che le viene impartito dal mondo adulto e chiede, a se stessa e agli altri, il perché delle cose. In questo gesto risiede tutta la sua diversità e l’origine del sospetto che si va a creare intorno a lei: una domanda posta da un occhio vergine e innocente, estraneo al mondo in cui si trova, è una potenziale frattura in un sistema consolidato e restio a riflettere su se stesso.

La freschezza di Corpo celeste è nel sorriso di Marta, nella delicatezza delle sue mani mentre raccolgono un animaletto indifeso, negli occhi azzurri che ostinatamente chiedono all’interlocutore dove si trova il senso della vita e dell’amore. Un vero atto di forza e non un acritico atto di fede.

Curiosità
La ricerca del “crocifisso figurativo” di don Mario è ispirato a un fatto realmente accaduto: in un paese del sud i fedeli avevano istituito una raccolta di firme per sostituire un crocifisso troppo moderno con uno in cui si vedesse il corpo di Gesù.

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