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Et in terra pax: Ragazzi di buona volontà

Ragazzi di buona volontà

Il primo paragone che viene in mente alla visione di Et in terra pax è quello con Pier Paolo Pasolini. Un accostamento altisonante per due giovani registi alla loro opera prima, ma è difficile non pensare che I ragazzi di vita del poeta friulano oggi assomiglierebbero molto a Faustino, Massimo detto Nigger e Federico: il senso di appartenenza a una sola via, a un solo ambiente che rende impossibile anche solo immaginare una via d’uscita. Non che non ci sia, anzi, è molto più vicina di quanto si pensi, ma è anche una direzione che fa paura. L’ambiente è Corviale, quartiere di Roma costituito da un unico condominio che si estende per quasi un chilometro, pensato per essere un quartiere residenziale autosufficiente e diventato una vera e propria città nella città. Le persone che vi abito sono diverse tra loro, ma condividono lo stesso panorama mentale.

Matteo Botrugno e Daniele Coluccini, neanche trentenni, posano il loro sguardo su tre storie di (auto?)emarginazione diverse, zavorrate da un ambiente chiuso, ricco di spazi aperti. Una messa in scena lucida che richiama un immaginario neorealista, ma in realtà ricostruito: nessun personaggio è “preso dalla strada”, gli attori (bravissimi) sono tutti sconosciuti ma professionisti e le storie non sono vere, ma ispirate al senso di inadeguatezza dilagante tra le nuove generazioni. I protagonisti sono impegnati a distruggere ogni loro possibilità, volontariamente o involontariamente, mentre la struttura sociale creata dell’esperimento urbanistico in cui vivono si crede autosufficiente. Inevitabilmente ogni personaggio si incontra e si integra, si scontra e si disintegra, perché non è il degrado sociale della periferia a essere messo sotto accusa, ma è la contraddizione tra istinto e ragione, tra la necessità di migliorarsi e la paura di farlo. Una ricerca pasoliniana, appunto, nella borgata matrigna, attraverso una disarmante messa in scena elegante e pittorica, sostenuta emotivamente della musica di Vivaldi che dà il titolo alla pellicola. E mentre Marco, Sofia, Faustino, Massimo e Francesco corrono verso il loro inevitabile destino non scritto, noi speriamo che un giorno, in terra, ci sarà la pace. Così come nell’animo umano.

Nota a margine: Et in terra pax è stato il primo film italiano selezionato per il nostro Dispersival. La notizia dell’interessamento di Cinecittà Luce per la distribuzione in sala è arrivata contestualmente all’invito ufficiale al festival. Con nostra grande gioia.

Curiosità
L’età media di coloro che hanno lavorato al film è di 29 anni, molti dei quali – registi esclusi – allievi del Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma. Le riprese sono durate 17 giorni nel settembre 2009, sfruttando le vacanze dagli studi, e ognuno ha prestato il proprio talento gratuitamente, ma parteciperà agli utili della distribuzione, arrivata a oltre un anno dalla prima presentazione al Venezia.

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