Gossip Girl della West Coast
Easy Girl trasferisce la potenza del pettegolezzo dalla Manhattan di Gossip Girl a Ojai, California, dove ha sede l’azienda dei Walker di Brothers & Sisters. Non è quindi un caso che gli attori principali provengano da set televisivi o cinematografici legati al mondo giovanile: Emma Stone, futura Gwen Stacy dello Spider-Man di Marc Webb (in post-produzione), ha recitato in Tre metri sopra il pelo (Greg Mottola, 2007), Cam Gigandet in Twilight, Penn Badgley nello stesso Gossip Girl, mentre la “veterana” Lisa Kudrow viene da Friends. Questo per dimostrare coi fatti quanto Easy Girl sia un prodotto assolutamente derivativo: un teen-movie più vicino a un serial Tv che non a un film come ci aspettiamo di vederne in sala, che maschera il poco spessore con citazioni e autoreferenzialità legata al mondo dello spettacolo e lo condisce con faccette buffe, battute e stereotipi a non finire. Ciononostante non si può dire che non sia un film ben confezionato, tant’è che è riuscito a sbancare i botteghini Usa (grazie anche ad una distribuzione capillare) e a ricevere il premio di Migliore Commedia dalla Broadcast Film Critics Association Awards.
Prodotto tipicamente hollywoodiano, la pellicola di Will Gluck cerca un’astuta e maliziosa associazione con il romanzo La lettera scarlatta di Nathaniel Hawthorne, materia di studio durante una lezione di letteratura. Ovvio che, nel contesto contemporaneo, il riferimento non vada tanto al romanzo di fine Ottocento, quanto al suo adattamento cinematografico. Il tocco di classe lo dà la scelta di alternare le vicende di Olive, l’arguta protagonista, a spezzoni tratti dal classico di Victor Sjöstrom del 1926 e non, come ci si aspetterebbe, dal remake di Roland Joffé del 1995, con Demi Moore. Perché il parallelismo con La lettera scarlatta? Perché (e qui ritorna il dilemma degli storpiamenti interpretativi di cui sono vittima i titoli originali) la protagonista, che mette in giro la voce di avere perso la verginità (ma quando mai ai giorni d’oggi servono bugie in merito?), cuce su tutti i suoi abiti una grande e rossa lettera “A” per marchiare la propria fama di “adultera”, proprio come Hester Prynne fu costretta a fare nella Boston puritana del Seicento. Solo che Olive, grazie a questa “A”, non viene emarginata dalla comunità, come avviene per Hester, bensì ottiene riconoscimento e maggior visibilità tra i ragazzi. Ecco scagliata la prima pietra contro la bigotteria americana (parodiata nel gruppo giovanile di ispirazione puritana). Una seconda pietra verrà velatamente indirizzata contro il sistema, maschilista e ipocrita, quando, grazie alla “A” che Olive porta sul petto, tutti i liceali più sfigati o i più narcisisti saranno disposti a pagarla con “buoni omaggio” affinché lei sparga la voce di essere andata a letto con loro. Col risultato che Olive riuscirà a racimolare un bel po’ di soldini senza nemmeno fare sesso. L’ultima pietra verrà infine lanciata contro la supposta maturità degli adulti (straordinaria la coppia Clarkson-Tucci nei panni dei genitori di Olive), in particolare contro la professoressa Griffith-Kudrow, tutor e orientatrice, nonché moglie dell’insegnante di letteratura di Olive, che, a dispetto della deontologia richiesta dalla sua professione, si scopre essere andata a letto con un suo studente (e non uno a caso, sia chiaro, ma uno che ostenta valori puritani).
La fotografia, come pure i costumi, vanno a braccetto con il tema della storia: colori saturi sia per gli ambienti, sia per i vestiti, rigorosamente attillati, nell’intento di ricreare un’atmosfera rosea e scintillante, simil Barbie, tipica di molti teen-movie/teen-serials ambientati in California. Il microcosmo patinato che ne risulta è nettamente in contrasto con il paesaggio circostante, spoglio e dai colori tenui. La giustapposizione è resa visivamente, sui titoli di testa, dalla panoramica verso il basso a partire dal cielo (dove i loghi Sony e Screen Gems appaiono in sovrimpressione come entità che vigilano dall’alto) e, viceversa, in coda, da un piano sequenza che segue la strada quasi deserta fuori Ojai per poi salire in panoramica al cielo (con gli stessi loghi in sovrimpressione). Il film è musicalmente denso, in linea con lo standard, e montaggio, dialoghi e struttura rispecchiano i ritmi della vita degli adolescenti d’oggi: caotici, dinamici, senza tempi morti, perfettamente regolati dalla ragnatela del Web e della telefonia mobile, che offrono una diffusione rapida e incisiva del pettegolezzo. Se siete giovani, godetevelo come un passatempo pomeridiano. Se siete adulti capirete che, morale della favola, è importante saper sdrammatizzare, ma rimane verità universale il fatto che «le brave ragazze vanno in paradiso, le cattive dappertutto».
Curiosità
Emma Stone per questo ruolo ha ricevuto la nomination come miglior attrice di commedia ai recenti Golden Globe.
A cura di Valentina Vantellini
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