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cultura dell'immagine e della parola

Il contratto?
Da licenziare

La prima puntata di Il contratto è stata vista da meno di 300.000 spettatori: un flop anche per un canale che, come La7, non fa certo ascolti milionari in prima serata (ma Otto e mezzo, che avrebbe dovuto fare da traino, ha coinvolto un numero di spettatori sei volte più grande). Eppure si è parlato tanto di questo nuovo format, che si voleva porre come anti-reality (è stato definito da Enrico Mentana, ormai guru designato di La7, social entertainment), seguendo la vita lavorativa, e non privata, di tre giovani, e come vero talent-show in contrapposizione con la futilità televisiva, perché in grado di scovare il vero talento di una persona e quindi di offrirgli un lavoro adeguato, il mitico contratto a tempo indeterminato.

Sinceramente, ho guardato con curiosità il programma, e proprio per questo ho voluto aspettare la seconda puntata per capire se sarebbe cambiato qualcosa: la prima, infatti, è stata sinceramente un disastro. Tante buone intenzioni, ma un risultato davvero diverso dalle aspettative. Primo problema, la durata. Un programma come questo non può protrarsi per più di tre ore: Real Time, il canale che realizza tanti format di questo tipo e che sta avendo un successo forse insperato, ha capito che il segreto è quello di non superare mai i 45 minuti. Quando invece si supera la mezzanotte per sapere chi firmerà il contratto, si capisce subito quanto i tempi siano stati lunghi, i momenti morti infiniti, le storie raccontate noiose, e i dibattiti in sala spesso scontati. Secondo, la posizione da anti-reality non è per niente rispettata. Funzionano infatti abbastanza bene i momenti in linea con l’ambizione quasi documentaristica, ma quando vengono inseriti elementi come i giochi e le domande alle spalle, ci si aspetta solo che spunti prima o poi un confessionale.Terzo, parlare di vero talento è difficile quando nessuno dei candidati sa realmente combinare nulla di buono, e soprattutto quando uno dei tre pone proprio una domanda: “ma cos’è questo talento di cui tutti parlano?”. Silenzio in studio, nessuna risposta e si passa ad altro.

La realtà lavorativa di cui si parla e poi sinceramente ridicola. Le aziende ritratte sembrano posti di lavoro perfetti: tutti si vogliono bene, lo stagista è subito presentato al capo che si fa in quattro per rendergli agevole la vita, i lavori da fare sono divertenti e mai ripetitivi. Insomma nient’altro che un enorme spottone per l’azienda di turno: la speranza almeno è che questo sia servito a ridurre i costi per [img4]un format che purtroppo vede la sua sola ragion d’essere proprio in una logica pubblicitaria.Il problema è che dopo essersi sorbiti due pubblicità identiche (nella seconda puntata non è stato modificato nulla, è solo cambiato il marchio e i concorrenti erano un minimo più preparati), i pochi spettatori ancora davanti alla tv tendono ad andarsene. Ci sono ancora sei puntate, ma sinceramente temo che gli ascolti faticheranno molto a risalire. Da questo piccolo disastro esce male anche Sabrina Nobile, che pur essendo la nuora di Maurizio Costanzo è solitamente anche una brava conduttrice. Ma non per un programma di tre ore, non per questo programma: speriamo per lei che possa trovare un altro lavoro.

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