Bif&st 2011
Diario, Conclusione
È così è finita la seconda edizione del Festival del cinema di Bari, coronata dal concerto di Nicola Piovani, a cui viene consegnato l’ultimo premio Fellini. Una serata conclusiva che vede assegnati i premi al miglior lungometraggio in concorso. A far la parte del leone è Mine vaganti di Ferzan Ozpetek, a cui la giuria internazionale, presieduta da Jean Roy e composta da Greta Scacchi, Peter Schneider, Jean Sorel e Emanuel Ungaro, consegna il premio per la miglior regia, miglior sceneggiatura, miglior soggetto e migliore attrice protagonista (a Nicole Grimaudo). Non ne sono affatto sorpresa: Mine vaganti è il contraltare di Cado dalle nubi o Che bella giornata di Luca Medici, entrambi ottimi spot pubblicitari per la regione Puglia, al di là delle differenze della trama. Il successo di un film, per altro non recentissimo, un film specchio di un’Italia provinciale, sta a suggellare una realtà emblematica: abbiamo registi capaci di raccontare storie belle e intense, capaci di parlare ad un pubblico internazionale con grande forza, ma poi non sempre si ha il coraggio di premiarli e strizziamo l’occhio a quelli che non son capaci di uscire dal cortile di casa. È altresì vero che il compito dei giurati, per quel che riguarda i lungometraggi, è stato molto meno facile rispetto ai giurati delle categorie documentari e opere prime, dove si son viste opere davvero di grande valore; categorie che, l’ho già detto e qui lo ribadisco, hanno costituito il vero motivo di orgoglio del Bif&st.
A Elio Germano, protagonista del La nostra vita, va il premio miglio attore. Marco Bellocchio, uno dei migliori registi italiani contemporanei, fa la sua comparsa solo en passant, con la premiazione di Marco Sgorbati e Gian Paolo Conti per la fotografia del film Sorelle mai. Le quattro volte di Michelangelo Frammartino, altro film straordinario, riceve solo il premio del pubblico per il miglior produttore.
Ora, si sa che non esiste festival, sia internazionale che locale, dove la giuria riesca ad accontentare tutti: credo che questa sia una situazione utopistica, per tale motivo non mi soffermerò oltre. A conclusione dell’edizione 2011 del Bif&st posso affermare che, accanto a scelte piuttosto discutibili, il pubblico accorso ha potuto godere di ottimi tributi quali quello a Jean Sorel e a Suso Cecchi d’Amico; ha potuto dialogare direttamente con i registi e gli attori durante le lezioni di cinema; ha potuto “toccare con mano” i fermenti positivi che si agitano nel cinema italiano, soprattutto tra i cineasti più giovani. Tutto sommato, un festival che lascia un grande ottimismo nel cuore: il cinema italiano è vivo. E lotta con noi.
A cura di Saba Ercole
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