Onde di paura
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Tra le figure classiche del mondo dell’horror l’unica che non ha una vera genesi letteraria che ne abbia stabilito i canoni è quella del non morto. Il cinema ha sostanzialmente creato la figura dello zombi sulla base di alcune leggende derivanti dal voodoo caraibico e ne ha modificato gli elementi nel corso dei decenni. La trasformazione dello zombi in un non morto è frutto del cinema di George A. Romero, che ha voluto metaforizzare l’alienazione della massa causata da una deformazione mostruosa della società, attraverso il consumismo, il conformismo e soprattutto la deriva incontrollata dei mass media. In questo caso è la radio, ma anche la parola, che si trasforma in un veicolo per la contaminazione, in una sterminata possibilità di letture semiotiche e sociologiche. La voce e la parola diventano così protagonisti di un film horror atipico, di una storia in cui la tensione per la maggior parte del tempo resta “fuori campo”, solo raccontata dalla voce calda e profonda del deejay.
Un film al limite dell’esperimento, quasi un Buried in versione non morta, un’opera inconsueta che sceglie una prospettiva in evidente omaggio alla Guerra dei mondi radiofonica messa in scena da Orson Welles nel 1938. Il pregio assoluto di McDonald è quello di aver trovato un modo semplice per costruire una storia totalmente innovativa, infondendo nuova linfa in un sottogenere che (ad esclusione di pochi casi) rischia di essere profondamente ripetitivo e reazionario. L’originalità di Pontypool è proprio nel rileggere in chiave semiotica e (azzardiamo) neurolinguistica l’abusata enciclopedia legata alla mitologia dello zombi, che come abbiamo già sottolineato è nata e si è evoluta in un modo profondamente legato alle evoluzioni sociali e massmediologiche. Pontypool è un film estremamente parlato, nel quale anche per la prima volta i rapporti verbali possono diventare veicolo dell’infezione. Sicuramente Umberto Eco sarebbe interessato dall’idea che alcune parole siano fonte dell’infezione mentre altre possano esserne un vaccino.
Pontypool è una rappresentazione quasi teatrale, un film anticinematografico, un’esibizione del non visto: un discorso radiofonico che, trovata la soluzione del dilemma, non può più essere mandato in onda perché fonte di nuova infezione.
A cura di Carlo Prevosti
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