Nuove serie Tv:
The Event
Partiamo dalle basi: The Event è la nuova serie lanciata dalla NBC, va in onda in America dal 20 settembre 2010 e in Italia viene trasmessa con un giorno di distanza sul canale Joi di Mediaset Premium, in lingua originale con sottotitoli. Si tratta di un thriller con cospirazioni alla Fringe, note romantiche e fantascientifiche: gli “altri” questa volta sembrano proprio essere alieni provenienti da un altro mondo.
Il primo episodio, intitolato I Haven’t Told You Everything, è stato sviluppato come un dipanarsi di titoli di testa,che presentano personaggi e temi principali. Se fosse un libro sarebbe l’introduzione, un modo per presentare in tavola i piatti forti dell’interna cena. La trama si avvita su se stessa con continui flashback, che vanno ad approfondire, un po’ come era capitato per Lost, vari aspetti dei personaggi prinicipali. Il protagonista, Sean Walker, interpretato da Jason Ritter (Parenthood), è fidanzato con Leila Buchanan e ha intenzione di chiederle di sposarlo durante un viaggio in corciera. Si ritrova però su un aereo, con una pistola in mano e sembra che voglia dirottarlo. È accaduto qualcosa durante il viaggio in nave: Leila sparisce dalla sua cabina e nè lei nè Sean risultano più su nessun registro, come se non fossero mai stati lì. L’aereo su cui si trova Sean è stato effettivamente dirottato, e il ragazzo sta cercando di impedire che si schianti sul corteo presidenziale.
Elias Martinez, il presidente degli Stati Uniti interpretato da Blair Underwood (In Treatment, Sex and the City) sta infatti preparandosi a dichiarare l’esistenza nel mondo di un gruppo di persone provenienti da un altro pianeta: in una base segreta in Alaska sono tenuti prigionieri da decide di anni 67 persone guidate dalla misteriosa Sophia Maguire (Laura Innes, E.R.), della cui esistenza erano al corrente solamente alcuni uomini della CIA. Uguali d’aspetto ai terrestri, queste persone hanno un 1% di materiale genetico che differisce da quello umano, nulla di più. E nessuno sa veramente di cosa siano capaci. Mentre l’aereo sta per precipitare su Sophia, Martinez e tutte le persone intervenute per la dichiarazione del presidente, accade qualcosa di imprevedibile e inspiegabile.
La scelta, dichiarata un po’ dappertutto dal creatore, dagli attori, dal network, è quella di puntare tutto sulle relazioni tra i personaggi e sulla loro caratterizzazione. Sono loro, infatti, a tirare dentro lo spettatore. Il primo a farlo è senz’altro lo stesso Sean Walker, che vede il mondo attorno a lui cambiare in un secondo: tutto ciò che credeva reale gli si sbriciola tra le mani e improvvisamente diventa protagonista inconsapevole di una storia, di una vita, la sua, che sembra condotta da altri. Walker è il nostro pendolo, noi ondeggiamo con lui: attraverso i suoi occhi ci viene chiesto di credere a qualcos’altro, di cambiare visione sul mondo. Una frase accompagnava i poster di presentazione della serie in America: “What will you beLIEve?”. E non può non venire in mente l’altro grande sy-fy claim: “I want to believe”.
Certo che di tempo ne è passato dal 1993 a oggi: X-Files ci poneva dentro una situazione data, mostrandocela attraverso gli occhi dell’agente Mulder che aveva scelto di credere. Solo in un secondo tempo iniziava lentamente a decostruire la realtà, le convinzioni, le idee. The Event, invece, ci pone subito nel dubbio, inglobando nell’atto di credere la menzogna stessa. D’altra parte, da Il sesto senso a Matrix, da I segreti di Twin Peaks a Lost, abbiamo imparato che credere a un racconto è la cosa più rischiosa e volubile che possiamo fare; ma, volenti o nolenti, è l’unico modo per goderne. Quasi sembra di non avere scelta: il cuore stesso di un’idea formata sulla realtà, di un atto di fede, è una bugia. E quindi, da qui la domanda – non una scelta di campo come per X-Files, ma una domanda, un potenziale invito a barcamenarsi tra mille realtà differenti – “In cosa crederai?”, “In quale realtà, o presunta tale, impianterai la tua costante per interpretare il mondo che ti sarà dato?”.
Al di là degli alieni, e del fatto che forse molti orfani di Lost non avrebbero voluto un’altra serie misticheggiante, ma più ancorata ai fatti e tenuta insieme da risposte (ma francamente, e lo dico da fan di Lost, chi ha bisogno di risposte quando può dondolare per sei anni in un mare di dubbi e suggestioni?), The Event parte con un impianto narrativo di grande fascino, sfilato e contemporaneamente ben tenuto insieme da continui flashback. Un volo però sempre ben ancorato a una realtà temporale – quella del mancato schianto dell’aereo – che nel secondo episodio sembra prendere più consistenza, edulcorando un po’ il senso di mistero del pilot. Sappiamo però dall’ultimo episodio visto, To Keep Us Safe, che gli alieni sono tra noi. Sophia l’aveva detto a conclusione del pilot: “Signor presidente, non le ho detto tutto”.
[img4]Spiace dirlo, forse, perché si vorrebbe essere sempre meno banali, sempre più “oltre”, ma questo tema non perderà mai e poi mai il suo appeal: questi alieni differiscono da noi solo per una percentuale genetica bassissima, i nostri nonni scimpanzé a confronto sono di un’altra galassia. Nostro padre, la nostra fidanzata, il nostro collega: sono estranei, stranieri, diversi da noi. La domanda è quanto sono diversi da noi? E infatti nel secondo episodio già ci piazzano dall’altra parte della barricata: sappiamo di Simon Lee (l’attore Ian Anthony Dale ), uomo d’azione della CIA, uno di quelli che lavora sul campo, non dietro una scrivania, e che “c’è dentro fino al collo”. Abbiamo un vantaggio su Sean e sul presidente, veniamo messi a parte di un segreto e di conseguenza avvicinati a un altro tipo di realtà. Un twist della trama che obbliga a rivedere entrambi i primi due episodi sotto una luce differente. E la domanda, “In cosa crederai?” inizia a sedimentare inconsciamente.
A cura di Francesca Bertazzoni
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