To Die and
Rebirth in LA
Con la frase di lancio "E’ venuto dagli abissi… per fottere i morti e riportarli in vita", il film ha per protagonista uno zombie alieno, emerso dalle acque dell’oceano, in grado di ridare vita ai cadaveri dopo averli penetrati con il suo peculiare pene acuminato. L’interprete di questo film, senza dialoghi, è François Sagat, icona dell’hardcore gay. Il film uscirà in Italia in dvd per la Queer Frame, sezione della Atlantide Entertainment, neonata casa di distribuzione specializzata in opere disperse. Abbiamo incontrato il regista del film a Locarno.
Per quale motivo ha usato la città di Los Angeles come ambientazione?
È il secondo film che giro a Los Angeles, il primo e’ stato Hustler White del 1996, città in cui ho vissuto per anni. Offre un paesaggio post-apocalittico, una metropoli sterminata, sospesa tra l’oceano e le montagne. È una città molto diversa da New York. È anche il luogo dove si trova Hollywood, ma quello che mi interessa è la compresenza tra il mondo luccicante del jet set e un mondo "dark", sotterraneo, dove alberga la corruzione. È l’ambiente che è stato colto in Il giorno della locusta (The Day of the Locust, John Schlesinger, 1974).
Tra le sue fonti d’ispirazione cinematografiche potrebbe esserci anche Vivere e morire a Los Angeles (To Live and Die in L.A., William Friedkin, 1985)?
Non è uno dei miei preferiti film di Friedkin, regista che apprezzo molto. Ma certo ha colto la stessa faccia sordida, dominata dalla corruzione, di Los Angeles.
Mi può dire qualcosa circa l’aspetto tecnico delle riprese video? Sembra che le immagini del film abbiano differenti livelli di qualità.
Ho usato la Canon 5, macchina fotografica in grado di filmare in HD, permettendo di diversificare la definizione dell’immagine fino ad arrivare a una risoluzione come quella della pellicola 35 mm.
Del film esiste una seconda versione, più hardcore, dal titolo L.A. Zombie Hardcore. Ci può dire quali sono le differenze?
Si tratta di un puro prodotto pornografico, in cui prevalgono, sugli elementi fantasy, le scene di sesso esplicito, molto lunghe come richiede il mercato. Inoltre i falli sono veri e non finti come nella versione softcore.
E perché due versioni?
Semplicemente per finanziare il mio film.
Alcune immagini sembrano ispirarsi all’iconografia della mitologia greco-romana. Lo zombie che esce dal mare come Venere, e il pene enorme dalla punta acuminata come Priapo…
Nel film è fondamentale l’aspetto materico, gli elementi fondamentali come l’acqua, da cui emerge il protagonista, e la terra. Sicuramente è importante la mitologia greco-romana anche per quanto riguarda la figura chimerica dell’uomo con parti del corpo di animali. In questo caso il pene dello zombie ha la terminazione della coda dello scorpione. Sicuramente volevo rievocare figure di eroi mitologici, come Ercole, ma ho attinto anche ai B-movies di fantascienza degli anni Cinquanta e ai supereoi dei fumetti. Volevo creare un essere sovraumano, dai superpoteri sessuali, una sorta di Capitan America porno.
All’intervista era presente anche il protagonista, François Sagat.
È la prima volta che fa una parte in un film non hardcore. Quali sono le differenze e come ha lavorato?
Nei film porno classici si lavora sempre con le stesse quattro o cinque inquadrature, volte a riprendere gli atti sessuali da angolazioni diverse. Inoltre le azioni che devo compiere sono sempre quelle. [img4]Il mio corpo deve essere filmato in modo che risulti sexy, mentre in L.A. Zombie sono un personaggio che deve risultare il più possibile sgradevole. Questo sicuramente spiazzerà il mio pubblico che non apprezzerà questo mio lavoro. Ma non importa.
Per il lavoro di recitazione come vi siete regolati, lei e il regista?
Nel film non ci sono dialoghi. Dovevo spesso grugnire e cercare di risultare ripugnante, il lavoro opposto, come dicevo, rispetto ai film porno. Il regista ci lasciava molta libertà. Ci diceva spesso "fate come volete".
A cura di Giampiero Raganelli
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