Divertissement in plastilina
Volendo dare una definizione letterale, animare significa dare la vita, infonderla in qualcosa che non la possiede e, per questo motivo, è incapace di muoversi. Quante volte nella nostra infanzia abbiamo animato degli oggetti? bambole, macchinine, soldatini di plastica sono diventati nelle nostre mani esseri viventi dotati di parola, di sentimenti, di anima. È, questa, una magia che solo il cinema d’animazione è capace di ricreare, in modo particolare quello in stop motion, perché solo l’utilizzo di questa tecnica, vecchia quanto il cinema, permette davvero di dare l’illusione del movimento, della vita, in pupazzi che, pur modellati da mani abili, rimarrebbero altrimenti muti e fermi.
Panico al villaggio non costituisce certo una pietra miliare dell’animazione in stop motion, che può vantare autori dal virtuosismo tecnico incredibile, né può pretendere di aprire una breccia che sia tale nell’attuale panorama del cinema d’animazione, praticamente monopolizzato dal 3D. Eppure questo piccolo film, dalla storia semplice e con una comicità lontana dalle battute ad effetto, è riuscito a varcare i limiti dei festival degli addetti ai lavori e degli amatori di questo genere e a farsi notare, a farsi apprezzare, per qualcosa che a molti film di animazione oggi manca: la possibilità di ricreare la magia dei giochi dei bambini.
I personaggi del film di Aubier e Patar, infatti, sono in tutto e per tutto simili ai giocattoli con cui hanno avuto la fortuna di giocare quelli che sono i trentenni di oggi. Non le Bratz dalle labbra ipertrofiche o i computer dei piccoli hacker, ma quei pupazzetti di plastica da muovere goffamente e con cui inventare innumerevoli storie. E proprio con quella stessa, medesima goffaggine si muovono Cavallo, Cowboy e Indiano, coinvolti in avventure semplici e inverosimili al tempo stesso, in mondi di cartoncino e di plastilina in cui l’ovatta e il sale si trasformano in neve, mondi e avventure che ricordano quelle tante volte inventate da noi durante le ore dei nostri giochi.
A dimostrazione di come non servano necessariamente effetti speciali fantasmagorici o la battuta in stile David Letterman per fare un buon film comico, Panico al villaggio riesce ad essere divertente e spassoso anche con la sua ironia spensierata: Cowboy e Indiano sono un duo comico degno della miglior buddy comedy e Cavallo è irresistibile nel suo trovarsi coinvolto, suo malgrado, nei disastri combinati dai suoi due coinquilini. Anche i personaggi comprimari (i due contadini vicini di casa, i ladri abitanti del mare, gli incredibili scienziati forzuti) nella loro rozza semplicità strappano più volte il sorriso, protagonisti di scenette comiche davvero esilaranti (e su tutte vanno ricordate il pasticcio dei mattoni e le mosse da combattenti dei vecchi scienziati a bordo del pinguino robotico) non prive di una vena di innocua, surreale follia.
Caldamente consigliato ai bambini, per mostrare loro come dalla creatività delle mani possa nascere un mondo che non ha nulla da invidiare a quello creato al computer, e a coloro che bambini sono stati ma non hanno dimenticato quanta magia sia custodita nella realtà animata dalla fantasia.
Curiosità
Il film ha vinto diversi premi nei festival internazionali dedicati all’animazione, tra i quali ricordiamo il Platinum Grand Prize all’ultimo Future Film Festival di Bologna.
A cura di Saba Ercole
in sala ::