Il male necessario
Quando un documentario ti tiene attaccato alla poltrona, come il più appassionante dei film, non è soltanto merito di un regista con una buona idea e di un montatore furbo. In Draquila – L’Italia che trema di Sabina Guzzanti c’è qualcosa che anche nel miglior film-verità non potrà mai esserci: la vita vera. La pasionaria dell’anti-berlusconismo ha trascorso un anno tra i terremotati dell’Abruzzo, tornando a casa con 700 ore di girato. Per questo, tra un interrogativo e l’altro, non si resta sospesi nell’arida polemica, come ministri della cultura e relativo popolo potevano presupporre, ma ci si immerge nella realtà di una sofferenza e di uno smarrimento scomparsi, dopo qualche mese, dagli onori della cronaca quotidiana.
E la Guzzanti colpisce a fondo evitando tutti gli stereotipi da terremoto, basti dire che è riuscita a non montare mai la classica immagine della bambola sul cumulo di macerie. Allora, procediamo dicendo tutto quanto ci si aspettava da questo documentario, o che di sicuro si aspettavano sia i suoi seguaci che i suoi oppositori, ma che non è affatto accaduto. Draquila non è un pretesto per parlar male del Premier: l’argomento terremoto è trattato nel massimo rispetto per il dolore e le perdite dei cittadini abruzzesi, che si sono riconosciuti nei fatti raccontati. Draquila non strumentalizza le morti della tragica notte del 6 aprile 2009, perché ad esse quasi non si fa cenno, nemmeno si ricorda che l’edificio dello studentato, scenario delle più insensate delle perdite umane, fu costruito con cemento scadente, al pari dell’ospedale inaugurato poco tempo prima, dopo vent’anni di lavori. Sabina Guzzanti riesce a inserire il tassello “ricostruzione dell’Aquila” nell’ambito di un progetto più ampio di costruzione del consenso, da parte del governo Berlusconi, sia in prima persona che attraverso il suo fidato avatar Bertolaso, con il quale condivide glorie e vizietti. E nulla, nulla di quanto raccontato nel documentario (il progetto Protezione Civile Spa, la mancata cessione degli alloggi promessi, la desolazione da Far West di un’opposizione politica, l’avidità con cui vengono ingoiati fondi pubblici) è una novità, per tutti coloro che cercano di emanciparsi dai Tg per informarsi. Non c’è nulla che il “popolo Viola” o che un cittadino scrupoloso non sappia già. Ma c’è molto altro che invece non ci hanno mai raccontato, forse soltanto in Rete, l’ultima spiaggia della democrazia italiana. I terremotati a cui è vietata la cioccolata e il caffè perché sostanze troppo stimolanti, qualche membro della Protezione Civile intento ad eliminare, sistematicamente, gli striscioni di protesta dei cittadini perplessi rispetto all’operato del Governo, i milioni che continuiamo a spendere per tenere parte dei terremotati “in vacanza” presso gli alberghi della Riviera, e sguardi, speranze, incredulità, di chi invece una casa l’ha riavuta e non sa da dove iniziare per rendere grazie. In tutto questo, neanche una sola pietra di quella che era una delle più antiche, belle e caratteristiche città italiane è stata rimessa in piedi, mentre tutti gli sforzi sarebbero concentrati nella costituzione di una new town, neo-periferia di un qualche centro commerciale.
Sì, la Guzzanti fa svolazzare il serpeggiante spettro di un possibile regime tra le macerie vere, di qualcosa che è realmente accaduto. Ma è una teoria e come tale, va rispettata. Soprattutto, quando è argomentata senza fervori personali, in maniera esplicativa, lineare e lucida. E se questo infanga l’idea che all’estero si sono fatti di noi, almeno, continueranno ad avere rispetto per i nostri registi.
Curiosità
Il passaggio nella sezione speciale a Cannes ha scatenato un fiume di polemiche, le risposte più accese sono state quelle del Ministro Sandro Bondi, che ha sottolineato la sua assenza alla proiezione (sebbene mai invitato). Il documentario è stato applaudito da un numero molto maggiore di presenze previste, intervenute proprio perché incuriosite da tanto dibattito. Da qualche parte in Europa, se un film di denuncia viene osteggiato dagli uomini di governo, la cosa suscita ancora scalpore.
A cura di Daniela Scotto
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