Venezia, i film:
The Road
Secondo giorno di gara a Venezia e secondo film in concorso. Oggi tocca alla pellicola del regista australiano John Hillcoat, The Road (La strada) tratta dal libro omonimo di Cormac McCarthy, l’autore culto di Non è un paese per vecchi, che per questo romanzo ha vinto nel 2007 il Premio Pulitzer. Lo scenario è quello di un’America post-apocalittica, decimata da un’ imprecisata e devastante catastrofe, che ha ucciso tutti gli esseri viventi, tranne una piccola parte di uomini, ridotti ad uno stato primitivo. Ed è in questa cornice di distruzione e di desolazione che un padre, Viggo Mortensen, e un figlio, vagano alla ricerca disperata di cibo e riparo.
Senza più la presenza della madre (Charlize Theron), suicidatasi qualche tempo prima, i due affrontate la quotidianità della fame, della paura, difendendosi da gruppi di uomini armati, talvolta cannibali (terribile la scena dove alcuni uomini vengono tenuti sotto chiave per essere mangiati), dal freddo, dalla solitudine, con la cieca (ma viva) speranza di poter riuscire un giorno a trovare la giusta via di salvezza. Con loro poche cose, pochi ricordi e una pistola con due proiettili (nell’eventualità per entrambi di farla finita). Ma è invece l’amore a tenerli in vita, un sentimento profondo che è uno dei cardini più importanti di questo film, un legame viscerale che i due protagonisti vivono per tutta la storia. E quando alla fine anche il padre muore, il figlio ha il compito di proseguire quel cammino con altri sopravvissuti, perché simbolicamente “deve continuare a mantenere vivo il fuoco della speranza”.
“Quando ho ricevuto la sceneggiatura – dice Viggo Mortensen – ho accettato immediatamente. Ho letto il libro di McCarthy e l’ho trovato bellissimo, anche se difficile da leggere e da raccontare. Decidere di interpretare questo ruolo è stato semplice, ero sicuro perché avevo in mano una storia straordinaria. Il libro riguarda qualcosa di universale, una storia d’amore fra un padre e un figlio, e John ha fatto un grande lavoro di adattamento.”
Se da una parte regia di Hillcoat è ottima e la scelta delle location (quelle in cui l’uragano Katrina travolse tutto) stupisce per la verosimiglianza con le atmosfere cupe di McCarthy, la fotografia di Ed Lachman è invece sublime, con quei bianchi e neri o quel grigiore di sfondo, che sono gli ingredienti essenziali per completare il mosaico.
“Quando ho letto il libro – dice il regista – ho avuto immediatamente un impatto molto importante, mi sono commosso come padre perché c’era una verità emotiva in questa storia. Certo non è stato facile da girare, ma ho cercato di rimanere fedele al libro il più possibile.”
E cosa dire di Viggo Mortensen, che certo non scopriamo oggi, che abbiamo ammirato ne La promessa dell’assassino e in History of Violence, che si è scrollato finalmente di dosso quella riduttiva etichetta legata al Signore degli Anelli, e che è ancora una volta straordinariamente all’altezza, in un ruolo difficile e sofferto, che potrebbe anche proiettarlo tra i candidati per una possibile (sarebbe meritata) Coppa Volpi come miglior interprete maschile.
A cura di Andrea Giordano
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