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Ispirato al britannico La scuola dei diritti (School for Scoundrels, Robert Hamer, Hal E. Chester, Cyril Frankel, 1960) e alla serie dei manuali per “vivere meglio” (in particolare a Gamesmanship: The Art of Winning Games Without Actually Cheating di S. Potter, 1947), Scuola per canaglie è una commedia piena di ironia sulla riscossa dei “nerd” post-diploma. Diretta dal regista del recente Una notte da leoni (2009), la pellicola esce nelle sale statunitensi nel 2006, ma latita a lungo sugli schermi nostrani. È commedia allo stato puro, condita di romance quel tanto che basta per dare al protagonista, Roger, la motivazione ad agire. Pullula, naturalmente, di elementi farseschi e sprizza di sana demenzialità, anche per merito del simpatico Jon Heder, ex Napoleon Dynamite (Jared Hess, 2004), sempre buffo nelle sue espressioni da ingenuo e candido bambinone.

Il film di Phillips è vitale e ben strutturato su un mosaico di gag, understatement e continui turning points, che accompagnano la trasformazione del giovane Everyman di città da loser soggetto ad attacchi di panico, insicuro e poco rispettato (è vittima anche dei bambini a cui dovrebbe fare da tutor!), in “leone coraggioso”, fuor di metafora “uomo d’azione”. L’ironia verbale e fisica e i comic gaps su cui sono strutturati tutti i personaggi sono esilaranti e, al contempo, amarognoli, mentre l’intreccio articolato trascina lo spettatore lungo le tappe dell’arco di trasformazione del protagonista: dal training durante le lezioni del Dr. P al piano di vendetta del mentore-rivale, che sfocia nella battaglia metaforica sul campo da tennis e si conclude, infine, con l’iniziazione al mondo adulto del primo, che si congiunge meritatamente alla donna amata. La trama è costellata di una serie di subplot e personaggi secondari di tutto rispetto, tra cui il jolly Ben Stiller, ex-allievo bocciato (e circuito) dal Dottor P. – alias Billy Bob Thornton, sempre più Babbo Bastardo (Bad Santa, T. Zwigoff 2003)- e l’imponente scagnozzo di quest’ultimo, Lesher, terrore di tutti gli iscritti, interpretato dal Michael Clarke Duncan del Miglio verde (The Green Mile, Frank Darabont, 1999).

L’impassibile Thornton ben s’immedesima nel ruolo del “misterioso” (la sua identità è “segreta”) e ammirato professor P., severo e sarcastico guru della menzogna e dell’inganno, pronto a calarsi nei panni dell’affascinante seduttore, quando si presenta l’occasione giusta. Le sue funzioni nella storia sono molteplici: da mentore e modello ad antagonista e corteggiatore imbroglione, Trickster che sfrutta ogni sua arma per vincere barando. Il suo gioco sporco lo tradirà, però, alla fine, con un double reversal in cui l’alunno supererà il maestro scoprendone le carte. La morale è semplice e antica, come ricorda il protagonista: chi sa fare fa, chi non sa fare, insegna. La colonna sonora è azzeccata, a partire dalla canzone iniziale, Lovely Day di Bill Withers, che accompagna la routine mattutina di Roger, trasmettendo allo spettatore, con note e parole, quel senso di placida rassegnazione del protagonista, che trova nella ragazza della porta accanto l’unico motivo per svegliarsi e affrontare timidamente l’ennesima giornata di lavoro. Insomma, un film equilibrato, “politically correct” pur nella sua demenzialità e con un protagonista tanto, tanto tenero e divertente.

Curiosità
Il lungometraggio è ricco di citazioni cinematografiche, televisive e musicali, da Fight Club (David Fincher, 1999) al telefilm 24, con Kiefer Sutherland, fino alla canzone Loser di Beck (dall’album Mellow Gold, 1994).

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