Frankenstein mediale
Quelli della Minimum Fax sono sempre attenti ai nuovi talenti del panorama letterario italiano. E sono anche osservatori oculati dei mutamenti del canone narrativo contemporaneo. Perciò anche quest’anno propongono ai lettori un’antologia di ricerca, una sorta di “best of” delle nuove scritture che attraversano l’Italia, ma per il 2009 il bacino di nuovi talenti dove la casa editrice romana è andata a pescare – sotto la guida di Debora Pietrobono – è quello degli scrittori per il teatro. Da acuti osservatori si sono fatti attenti ascoltatori, ed ecco il volume Senza corpo. Voci dalla nuova scena italiana.
E lo sa bene proprio la Pietrobono, operatrice teatrale, collaboratrice di Ascanio Celestini dal 2000 al 2007, e attualmente direttore organizzativo del progetto Punta Corsara a Scampia (oltre che membro del CDA del Teatro di Roma): dietro i recenti successi di autori come il già citato Celestini, o Marco Paolini, e del teatro di narrazione in generale, c’è il cambiamento, ancora nucleare, dell’approccio dei lettori al testo. Per questo c’è bisogno di parole con un certo peso, e, paradossalmente, un’estrema leggerezza, che coinvolgano il lettore in un movimento di avvicinamento e distensione.
Le parole scritte per il teatro si liberano dalle coercizioni materiali della pagina stampata e giungono a noi con tutto l’impeto della voce. La voce si libera dal simbolo alfabetico e acquista vigore trasportata dal vento, così giunge alle nostre orecchie, ma, nel meccanismo inverso proposta da questa raccolta di racconti, tornano a cristallizzarsi sulla carta, pur continuando a recare in sé le vibrazioni delle corde vocali che le hanno prodotte sulla scena, e che rendono questi testi frementi, inquieti, impossibili all’indifferenza. L’incorporeità delle onde sonore colpisce con la stessa forza di un pugno.
Ma nel contempo il pugno non c’è, o meglio, non c’è la mano. Giustamente la curatrice del volume fa notare nella prefazione: “senza corpo” perché questi testi, oscillanti tra istanza autoriale, registica e attoriale, sulla carta sono mutili: manca il corpo dell’attore. Ma è proprio ciò che manca a trattenere un che di materico e ad aprire uno spazio di condivisione, quindi di vicinanza, al lettore, invitato ad azzardare ipotesi, immaginare volti e posture, (e)vocare la scena mancante.
Se nell’ibridazione mediale e nella fruizione polisensoriale sta il punto di svolta del nuovo canone narrativo, quelli della Minimum Fax ci hanno visto (e sentito) giusto, e hanno precorso i tempi offrendo una raccolta di testi che incarna questi movimenti vacillanti e ancora senza un corpo per intero. Ma siamo sulla strada giusta; il Frankenstein di un modo nuovo di fare letteratura ha i piedi e le gambe solidamente ancorati a terra, siamo in attesa di busto, braccia e testa. Vale la pena riconsiderare le proprie abitudini di lettore ed essere pronti al cambiamento.
A cura di Michele Marcon
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