Schegge da Cannes
20 maggio
Vincere non puo’ che vincere la Palma d’Oro! Il film di Bellocchio è un autentico capolavoro, e la cosa non dovrebbe stupire per chi, da L’ora di religione in poi, non ha sbagliato un film. Già si possono immaginare le sterili polemiche italiote sulla veridicità storica del figlio di Mussolini. Ma Vincere non non fa un discorso storiografico: raccontando di Ida Dalser, l’amante del giovane Mussolini e del figlio avuto dalla loro relazionze, Bellocchio rispolvera tutti i temi a lui più cari: la figura materna, la follia, la psicoanalisi, la prigionia, la fuga.
I Mussolini del film sono due. Quello della prima parte, interpretato da Filippo Timi, appartiene alla sua fase storica socialista, pur sui generis e guerrafondaio è quello di cui si innamora Ida e che, in fondo potrebbe piacere anche a noi, pur nella sua irruenza. Quello della seconda parte é il Duce, il grande dittatore, che esiste solo come immagine di repertorio. Timiora interpreta figlio che, dell’illustre padre, non puo’ che fare l’imitazione: il Timi personaggio fa quello che il Timi attore aveva fatto prima, interpretare Mussolini. Vanno spese due parole su sull’interprete che si mostra quale un grande mattatore, assolutamente meritevole della Palma come migliore attore. Infonde una grande carica carnale al suo personaggio e non solo nelle scene di sesso: il giovane Mussolini, caratterizzato da Timi possiede una energia straordinaria, che è anche una carica erotica, che lo porterà a diventare quello che é diventato. Esemplare la scena in cui, dopo aver fatto l’amore, si affaccia nudo al balcone assumendo la tipica posa che sarebbe stata del Duce quando arringava la folla, un’anticipazione di quello che sarebbe diventato.
Ma Vincere é anche un discorso sulle immagini. I filmati di repertorio, usati molto frequentemente nella prima parte del film, rappresentano una storia del cinema. Questi si mescolano in tutti i modi alle scene di finzione. I personaggi a volte si stagliano come silhouette sullo sfondo di cinegiornali. C’è poi una bellissima scena con una proiezione sul soffitto e si vede, in un’altra occasione, il fascio di luce che esce dal proiettore, origine dell’immagine cinematografica. Si arriva poi alla proiezione di Il monello di Chaplin che assume varie funzioni. Da un lato ricorda a Ida del figlio, ma Chaplin fa pensare anche a Il grande dittatore e a Napoloni, la parodia di Mussolini in quel film. E in un cinegiornale si vede poi un discorso del Duce che decanta la flotta navale italiana. Appare come un personaggio ridicolo, buffo come il Napoloni di Chaplin, e per questo sarà oggetto di scherno di Timi-figlio. La realtà eguaglia la satira, ma in fondo si tratta della banalità del male.
A cura di Giampiero Raganelli
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