Il Festival del Cinema Africano 2009
Per essere un grande malato ha l’aspetto ancora piuttosto florido: il Festival del Cinema Africano, d’Asia e d’America Latina ha celebrato alla grande la sua diciannovesima edizione che, tuttavia, potrebbe anche essere l’ultima. La carenza di fondi ha infatti messo a rischio la sopravvivenza della rassegna (assicurata in extremis da un main sponsor di tutto rispetto come Eni) che, per di più, ha dovuto fare i conti con la crisi imperante nel cinema del continente nero: basta sfogliare il programma della manifestazione per rendersi conto che i lungometraggi africani partecipanti sono stati soltanto 8, di cui 6 realizzati grazie a una coproduzione francese. Tutto il resto, e non è poco, è andato a comporre un mosaico sempre più cosmopolita: ben 50 i paesi rappresentati per quasi 80 tra video e film in proiezione.
Venti di crisi a parte, una volta in sala il festival non ha per nulla tradito le attese: le cinque sale protagoniste (Spazio Oberdan, Auditorium San Fedele, Gnomo, Palestrina e Centre culturel français de Milan) e il Festival Center allestito presso la Casa del Pane sono stati testimoni di un’altissima affluenza, in occasione delle prime visioni ma anche della retrospettiva dedicata al regista kazako Darezhan Omirbayev e della sezione tematica su Al Jazeera, che ha animato tra l’altro un vivace dibattito con giornalisti e scrittori arabi.
Al termine della rassegna, il riconoscimento più prestigioso e più ricco (15.000 euro) se l’è aggiudicato l’indonesiano Jermal di Ravi L. Bharwani e Rayya Makarin, vincitore del premio lungometraggi Finestre sul mondo consegnato da una madrina d’eccezione come Valeria Golino. La stessa giuria, composta dallo scrittore senegalese Boubacar Boris Diop, dalla regista Maria Sole Tognazzi e dallo stesso Omirbayev, ha premiato anche come miglior cortometraggio africano Waramutsého! di Auguste Bernard Kouemo Yanghu (Camerun), coraggiosa storia di convivenza e riconciliazione sullo sfondo del conflitto etnico in Ruanda. Il trofeo per il miglior lungometraggio africano, assegnato dalla Regione Lombardia, è andato invece al sudafricano Nothing But the Truth di John Kani, appassionato affresco del post-apartheid in bilico tra dramma e commedia. Menzioni speciali per i due film tunisini Un si beau voyage di Khaled Ghorbal e Khamsa di Karim Dridi.
Completano i riconoscimenti istituzionali il premio documentari Finestre sul mondo assegnato a Nos lieux interdits di Leila Kilani (Marocco), con menzione speciale a Une affaire de nègres di Oswalde Levat (Camerun), e il premio al miglior documentario africano vinto da Le tableau di Brahim Fritah (Marocco) con menzione speciale a Maam Koumba di Alioune Ndiaye (Senegal). Il voto del pubblico ha invece incoronato un film sudamericano, l’argentino La extranjera di Fernando Diaz. Tra gli appuntamenti collaterali mostre, conferenze e laboratori; da segnalare soprattutto la presentazione dell’opera monografica Sembène Ousmane sul grande regista senegalese, a cura di Therno I.Dia, e del libro Un Hussein alla Casa Bianca. Cosa pensa il mondo arabo di Barack Obama di Donatella Della Ratta.
Il festival, come sempre, non si ferma a Milano: nelle prossime settimane sono in programma rassegne dei film in concorso in molte altre città italiane tra cui Roma, Catania, Trieste, Gorizia, Reggio Emilia, Forlì e Lecco.
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