Ma Uwe Boll non doveva cambiare mestiere?
Uwe Boll è un tipo furbo, non c’è che dire. Come abbia fatto a raccogliere l’esorbitante cifra (si parla di oltre 60 milioni di dollari) per realizzare il film più costoso mai realizzato in Germania solo lui lo sa. Più precisamente non è un mistero l’esistenza di una legge tedesca che sovvenziona le coproduzioni e che è già stata ampiamente sfruttata da grandi blockbuster americani, ma quello che stupisce è come questi soldi siano potuti essere sprecati in un polpettone in salsa fantasy di queste proporzioni.
Ennesimo film tratto da un videogioco (Dungeon Siege ideato da Chris Taylor), ennesimo flop annunciato, ennesima dimostrazione che Uwe Boll è realmente il peggior regista al mondo. Si salva solo la confezione, il lato tecnico (costumi, scenografie, location) ma tutto quello che è cinema è stato assolutamente dimenticato. Dopo Postal, era decisamente difficile dimostrare di poter fare peggio, ma Uwe Boll ci è riuscito, confermando una mediocrità che appare fastidiosa tanto la sua presunzione di poter gestire un set di siffatte proporzioni. Non si cada nell’inganno della fotografia patinata, l’impatto estetico è intriso di ogni stereotipo del genere fantasy: siamo dalle parti di un Signore degli Anelli in “vorrei ma non posso”, o meglio “non sono in grado”. La sceneggiatura è risibile: arrivano i cattivi, rapiscono la moglie, l’eroe cerca di salvarla e scopre di essere il figlio del Re. Forse un videogioco può sopperire alle carenze narrative con l’interattività del joypad, ma lo spettatore in sala è costretto a sopportare due ore abbondanti di personaggi risibili, narrazione di grado zero e effetti digitali che ricordano l’epoca di Willow.
Appare ovvio che la crisi si senta anche a Hollywood, non ci si spiega come si sia riuscito a mettere insieme un cast senza stelle assolute ma che per un film di Serie B appare irraggiungibile. Jason Statham, ex tuffatore della nazionale inglese, è ora star dei film tutto adrenalina-niente-cervello, e insieme a lui in questa “Armatabrancaleone” ci sono anche il bolso Ray Liotta, Ron Perlman, Claire Forlani e nientedimenoche Burt Reynolds nei panni di Re Konrad. Nessuno però appare credibile nel suo ruolo: diamo la colpa alla recitazione o alla sceneggiatura che avrebbe messo in crisi il più grande fra gli attori, ma il risultato è che non si salva nessuno.
Curiosità
Nel 2009 Uwe Boll si è meritato il Razzie Award come peggior regista grazie a tre film: Postal, Tunnel Rats e proprio In the Name of the King.
A cura di Carlo Prevosti
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