Aspettando Beckett
Attenzione, questo film è assurdo. Volutamente assurdo.
Beket è un piccolo progetto che Davide Manuli ha scritto e realizzato in attesa che si concretizzasse un altro progetto cinematografico che si stava protraendo. L’attesa, appunto, che ha portato Manuli a scrivere un copione che pesca da Aspettando Godot e dal teatro dell’assurdo di Beckett, ma anche da Ionesco e dalla comicità di Buster Keaton.
Un traguardo irraggiungibile? Affatto.
Davide Manuli riesce a costruire un universo parallelo al nostro che si dipana in una landa desolata, bellissima, fatta di attese, dialoghi assurdi e reiterati, pronunciati da personaggi che vanno ben oltre il limite della credibilità. Raccontato così potrebbe sembrare un pasticciaccio, ma l’insieme funziona, spiazzando lo spettatore e facendolo ridere a crepapancia, con un finale a sorpresa. Un po’ Beckett, un po’ noir, un po’ western, un po’ demenziale, per goderne bisogna entrare immediatamente nel mood, ma se si sta al gioco, Beket è un film che non può deludere.
Presentato nella sezione Cineasti del Presente all’ultimo Festival di Locarno, il film ha rappresentato il colpo di fulmine per molti addetti ai lavori. La forza di Beket sta nella sua realizzazione. Sembra assurdo e improvvisato, ma si basa su un interessante lavoro di costruzione di un mondo. Merito della fotografia di Tarek Ben Abdallah che sottolinea la rudezza della Gallura (Sardegna) dove è stato girato il film. Manuli prende questo nuovo mondo creato artificialmente dal cinema e lo rende vivo, lo popola, lo esplora. Un’opera produttivamente piccola, che unisce bene la “povertà” dei mezzi tecnici con una grande ricchezza di idee e contenuti, grazie alla quale Manuli riesce a raccontarci l’assurdità dell’esistenza.
I due protagonisti hanno la faccia giusta e sono perfettamente complementari. Incredibile il lavoro fatto da Fabrizio Gifuni, un attore che siamo abituati a vedere in parti drammatiche (La meglio gioventù, Il dolce e l’amaro, Galantuomini), ma che qui riesce a dare libero sfogo a una verve comica sorprendente e sopra le righe: il suo agente 006 dialoga con la radio (esilarante), fa delle strane mosse di tai chi e parla come se avesse una patata in bocca. Da non perdere il suo dialogo con un Paolo Rossi in visita speciale. Così come è impossibile non rimanere folgorati dalle canzoni che l’oracolo diffonde nell’etere. Scritte e interpretate da quel matto di Roberto “Freak” Antoni degli Skiantos, quei ritornelli rimangono in testa e vedrete che sarà impossibile non continuare a ricantarli. Attenzione, Beket crea dipendenza.
Curiosità
Beket è stato girato in 13 giorni con una troupe di 10 persone in Sardegna (Gallura, Cabras, Miniera di Montevecchio, dune di Piscinas) e in Umbria (Piana di Castelluccio), con una cinepresa super 16 senza luci artificiali.
A cura di Sara Sagrati
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