Un film che anestetizza
La “consapevolezza anestetica”, su cui ruota l’intero film, è una particolare, e rarissima, condizione in cui un paziente, pur sottoposto ad anestesia totale per un’operazione chirurgica, avverte quello che gli sta succedendo, vede e sente le operazioni che vengono fatte sul suo corpo. Questa situazione atroce fu sperimentata dallo sceneggiatore Joby Harold, durante un’operazione ai reni, e la terribile esperienza vissuta lo indusse immediatamente a scrivere una sceneggiatura sul tema. Trovò quindi dei produttori interessati che gli proposero anche di dirigere il film.
Questa genesi anomala racchiude, di per sé, quelli che sono i limiti e i pregi del film. Si tratta di un lavoro costruito attorno a questa particolare situazione di semi-incoscienza, che lo rende un’opera unica nel suo genere, non avendo precedenti analoghi. Ma il castello che viene edificato su queste fondamenta appare fragile, di modesta fattura. Forse un tale spunto poteva essere sviluppato meglio. Alla fine il tutto si risolve con un banale gioco di colpi di scena successivi. La struttura narrativa riprende i continui ribaltamenti della situazione, tipici dei film di David Mamet, ma senza arrivare minimamente a competere con quel modello.
Il film funziona solo quando riesce a comunicare l’enorme senso di impotenza di un paziente in tali condizioni, ma a rovinare la credibilità della situazione ci pensano gli effetti speciali posticci, che rendono l’operazione chirurgica poco credibile perché palesemente finta. In aggiunta il lungo monologo, in voce off, del protagonista, appesantisce il tutto. Una didascalia nei titoli di testa ci informa che, dei milioni di ricoverati sottoposti ad anestesia totale, solo una piccolissima parte prova l’esperienza della consapevolezza anestetica. Di questa sparuta minoranza, viene da aggiungere, la probabilità che l’ammalato sia uno sceneggiatore deve essere molto bassa. E la possibilità che sia anche uno sceneggiatore non mediocre? Evidentemente nulla altrimenti adesso avremmo un film più interessante.
Curiosità
Il regista ha svolto un accurato lavoro di documentazione, durato tre mesi, per gli aspetti medici del film. Ha intervistato una cinquantina di infermieri, quattro chirurghi e moltissimi medici. L’attore che impersona il cardiochirurgo ha assistito a dieci operazioni, effettuate nel Columbia Presbyterian Hospital.
A cura di Giampiero Raganelli
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