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Dovrebbe fare molto male

Dovrebbe fare molto male

E’ ancora possibile fare del buon cinema horror al giorno d’oggi? Si possono ancora spaventare gli spettatori? L’unica soluzione rimasta sembra essere quella di puntare sullo splatter o sul gore, su effettacci vomitevoli, sullo schifare il pubblico. La tendenza è ormai questa e sembra di tornare ai film cannibalici di Deodato e Lenzi. Un buon contributo in questo senso è dato dai francesi: vive la France! Dopo opere seminali come Calvaire (id., Fabrice Du Welz, 2004) o À l’intérieur (id., Alexandre Bustillo, Julien Maury, 2007), sembra che il filone sia destinato a confluire nel facile manierismo, come conferma Frontiers.

Si tratta di un cinema a basso budget, viscerale in tutti i sensi, sia perché colpisce lo spettatore direttamente nella pancia, sia per la gran quantità di intestini e budella che vengono esibiti. Frontiers poi, nelle note di produzione, vanta la bellezza di quattrocento litri di sangue impiegati, di cui solo la metà nella scena finale. Si presume finto, anche se, nelle suddette note, non è specificato. Altrimenti, quanto ben di dio sottratto all’AVIS! Decisamente goffo è poi il tentativo, da parte del regista Xavier Gens, di creare un sottotesto politico, forse per dare una patente di nobiltà al film, con il riferimento al nazismo. Un’idea questa che Gens dichiara di aver avuto dopo il grande successo di Le Pen alle elezioni presidenziali del 2002.
Lo schema narrativo di Frontiers è quello, abusatissimo, definito survival hardcore, in cui un gruppo di personaggi lotta per la sopravvivenza in un ambiente ostile, molti soccombono e pochi sopravvivono. E’ un archetipo che nella storia del cinema affonda le sue radici in grandi capolavori quali Un tranquillo weekend di paura (Deliverance, John Boorman, 1972) o Alien (id., Ridley Scott, 1979), e in epoca recente, nello straordinario Batoru rowaiaru (Battle Royale, Kinji Fukasaku, 2000). Ma, nel cinema contemporaneo, questa situazione sembra essere diventata una semplice regoletta da riproporre all’infinito.

Grande esibizione di citazioni cinematografiche. Si parte da La casa (Evil Dead, Sam Raimi, 1982) e Splatters – Gli schizzacervelli (Braindead, Peter Jackson, 1991), film che hanno segnato la vita dell’autore. Peccato che il suo cinema sia del tutto privo di quell’ironia che era la forza di quelle opere. Proseguendo nei riferimenti cinefili si arriva a Salò o le 120 giornate di Sodoma (id., Pier Paolo Pasolini, 1975), da cui Gens dichiara di aver preso l’atmosfera sordida e malata. Sarà. E di per se la cosa non deve essere considerata blasfema. Però vedere Salò e un’esperienza che rimane per tutta la vita, mentre di Frontiers ci si dimentica facilmente poco dopo essere usciti dal cinema.

Curiosità
L’attore Samuel Le Bihan ha fatto il classico lavoro sull’animale, previsto dal Metodo Stanislavskij, ispirandosi al cinghiale, per rendere la brutalità del suo personaggio.

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