Geografia Anton Corbijn
L’opera di Anton Corbijn è come un mare immenso che cambia colore ad ogni movimento delle onde: sicuramente narrativo, ma dalle forme e dalle scelte eterogenee, sempre originali, che di volta in volta si adattano alla musica e all’artista, cambiando pelle.
Iniziare dalla fotografia quindi mi sembra un modo per ordinare il flusso di immagini, come partire da quello che è indubbiamente il principio dell’arte visiva di Corbijn. In particolare, iniziare dai suoi autoritratti: una serie di scatti fatti nei primi anni del duemila.
a. somebody
La prima volta in cui Anton Corbijn decide di rivolgere a se stesso la macchina fotografica è per nascondersi e impersonare qualcun’altro, o la sua aspirazione giovanile a “essere qualcuno”. A ogni modo, fotografie di sè che annullano la sua soggettività, la lasciano fuori campo per far entrare nell’inquadratura tutto l’immenso bagaglio emotivo e storico (e musicale) di tanti artisti prematuramente scomparsi: quindi, da Ian Curtis a Jeff Buckely, da Jimi Hendrix a Kurt Cobain, da Janis Joplin a Freddy Mercury…
Quasi testamenti, atti d’amore in cui si percepisce, dall’estrema finta noncuranza documentaristica dello stile fotografico, la nascosta intimità del fotografo/soggetto: una fusione con gli artisti musicali (alcuni di loro da lui stesso fotografati) in cui tutto ciò che non è più torna alla vita e in cui Corbijn diventa veicolo attraversabile dalle anime di quegli artisti.
Lui che con la macchina fotografica ha sempre cercato nelle inquadrature l’uomo artista, il colore del suono, il sottile senso di verità che sta tra la personalità di un musicista e la sua costante messa in scena di sè.
Un viaggio senza destinazione
Nel 2005 Corbijn ha girato per tre diversi artisti tre video tra loro differenti per stile, intento, colore, ma accomunati da una costante nella sua produzione: una forte impronta narrativa. Per The Killers, Depeche e Coldplay, il fotografo ha creato tre mondi in cui le canzoni e soprattutto lo spirito dei gruppi si dilatano in microstorie dense di ironia e cinema.
Corbijn è un cacciatore di anime innamorato della musica e dei suoi creatori. Così il suo sguardo diventa intimo e si appoggia dentro le storie degli uomini e delle donne che ritrae e che rappresenta, cercando di illustrare la narrazione di loro stessi, spesso nascosta tra le righe di una canzone o nelle note di una chitarra. Paradossalmente, ogni suo video diventa un complesso insieme di riferimenti a una nascosta verità, più vicino che mai ai soggetti ritratti.
È un modo in cui l’arte racconta, sempre, l’uomo, qui forse più complesso perchè dotato di doppie e triple vite, sul palco, nell’intimità nascosta, nell’esposizione mediatica, nel racconto musicale di sè.
A cura di Francesca Bertazzoni
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