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cultura dell'immagine e della parola

Festival di Locarno
12 agosto

Davide Manuli, regista di Beket, durante la presentazione del filmUna delle cose più belle del Festival è venuta, cosa insolita. o considerata tale, da un cortometraggio, perdipiù d`animazione, presentato in Piazza Grande. Si tratta di Retouches, del mago svizzero del cinema d’animazione Georges Schwizgebel. Il suo è un lavoro certosino, che consiste nel dipingere a mano la pellicola, fotogramma per fotogramma. Un mondo meraviglioso che in Retouches si incarna in una sinfonia frenetica di immagini, poesia e musica. In questa sua ultima opera, le figure si susseguono, scandite dallo sciabordio di un`onda, cancellando ciascuna la precedente, coinvolgendo lo spettatore nel processo della creazione pittorica. Sembra di rivedere il genio di Picasso all`opera, come mostrato nel film Il mistero Picasso (Le mystère Picasso, Francia, Henri-Georges Clouzot, 1955).

Meno interessante, per non dire fastidioso, il film che lo ha seguito su una Piazza Grande reduce da una piovuta. Si tratta dello svizzero Marcello Marcello di Denis Rabaglia che usa un linguaggio da Amelie per raccontare una storia ambientata nel Sud Italia degli anni Cinquanta. Nell`immaginaria isola di Amatrello (in realtà il film è girato tra Ventotene e le Cinque Terre) vige la tradizione in base alla quale ogni padre sceglie il marito della figlia in base ai regali offerti dai pretendenti. Il protagonista passerà tutto il tempo del film, strutturato con una sceneggiatura a incastro, a scambiare oggetti per recuperare quello che gli servirà per la sua bella. Un film cartolina dai colori ipersaturi, che giocoforza scade nel facile estetismo.

Notevole invece il film italiano Beket di Davide Manuli. Due personaggi stanno aspettando un autobus per la direzione Godot. Questo passa ma non si ferma, così i due decidono di incamminarsi a piedi. Intraprendono così un lungo peregrinare che li porterà a incontrare assurdi personaggi. Sospeso tra Buñuel e Ciprì & Maresco, il film parte dal capolavoro del teatro dell’assurdo Aspettando Godot, per superarlo. I due personaggi. infatti, a differenza di Vladimiro ed Estragone della piece di Becket, non si limitano all`attesa passiva, ma decidono di andare incontro a Godot. Usando gli stilemi narrativi del cinema western, una fotografia in bianco e nero molto contrastato, e le scenografie naturali di paesaggi lunari, e spettrali, in Sardegna, Manuli realizza una commedia surreale, un gioiellino che difficilmente sarà possible vedere in sala. Singolare anche il casting, che comprende un Fabrizio Gifuni molto sopra le righe, Freakantoni e una fugace apparizione di Paolo Rossi.

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