Patologia del crimine
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“Siamo esseri umani, uccidere fa parte della nostra natura”.
Natura umana versus natura umana, perché gli ‘esseri umani’ in questione sono un gruppo di studenti di medicina che ha giurato “per Apollo medico e per tutti gli dei e le dee di regolare il tenore di vita per il bene dei malati…” eccetera eccetera. Ma nella natura umana, oltre alla compassione e all’omicidio, rientra anche la sfida ai propri limiti. Così, “per seguir virtute e conoscenza” i nostri decidono di sfidarsi in un gioco decisamente macabro: vedere chi tra di loro riesce a commettere l’omicidio perfetto, tale per cui anche un esperto di medicina forense non riuscirebbe a determinare le cause della morte.
Il film inizia con uno stile oggi quasi abusato, quello alla Cloverfield per così dire, ma stacca subito dopo su una regia più classica, quella dell’esordiente Marc Schoelermann, che filma una pellicola per stomaci forti: viscere, vomito, sangue e casse toraciche sminuzzate come se piovesse, miseri resti di un’umanità che brinda alla morte forse (oppure no) per esorcizzarne il terrore atavico, un’umanità che è capace di compiacersi della propria superbia, pur sapendo che ne verrà travolta. Nel complesso il film si presenta come un’interessante variazione sul filone medical, che tanta fortuna ha avuto in questi anni sul piccolo schermo: forse non è un caso che nel giovane cast figurino alcuni attori noti al pubblico televisivo come Milo Ventimiglia (il Peter Petrelli di Heroes) e la ‘strega’ Alyssa Milano.
Un film cupo, in gran parte girato in ambienti bui, in cui tuttavia la presenza delle ossessioni di morte (e non solo) resta al livello della trama e non è veramente espressa dalle immagini: per contro, non si può non pensare a Linea mortale (Flatliners, Joel Schumacher, 1990) che, pur con i suoi difetti, riusciva a rendere la dimensione visiva angosciata in un aldilà allucinato e non pacificato. A metà tra il thriller e l’horror, nonostante diverse concessioni allo splatter disseminate qua e là Pathology resta un prodotto piuttosto patinato, che avrà comunque i suoi estimatori.
A cura di Antiniska Pozzi
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