Impegnato ma non troppo
Susanne Bier ha abituato i suoi spettatori alle emozioni forti, ad affrontare di petto l’amore e la morte.
Come Dopo il matrimonio (2006), anche Things We Lost in Fire racconta il dolore della perdita e, soprattutto, la percezione del vuoto lasciato dalle persone care. Una storia di peccato e di redenzione, in cui le relazioni tralasciate finiscono prima o poi per venirci catapultate davanti, reclamando lo spazio e l’attenzione che non gli abbiamo mai dedicato.
Ancora una volta Susanne Bier si addentra fra le pieghe delle emozioni, quel sostrato di percezioni impalpabili che compongono gli equilibri fra le persone.
La Bier non si muove insomma dal terreno del racconto che più le è congeniale, ma il vento hollywoodiano non giova all’incisività del suo tratto. Il turbine degli eventi che sapeva donare quel pizzico di casualità alla vicenda qui si smorza in un ponderato mélange di sensazioni più o meno forti che si mostra ben attento a non cadere nel fogliettone. Si parli pure di amore e morte ma si eviti a tutti i costi il finale banale; e l’inciucio fra Audrey e Jerry non s’ha da fare, né sotto le lenzuola né altrove.
Si cerca di evitare la banalità ma si cade nei siparietti che si susseguono l’uno dopo l’altro in un andamento poco imprevedibile: Audrey si avvicina per amore del marito defunto all’amico tanto evitato; è costretta ad ammettere di avere avuto torto e contemporaneamente sfoga su di lui la rabbia del suo dolore; gli affida involontariamente il compito di prendere il posto del marito e volontariamente lo accusa di essere ancora in vita mentre l’altro uomo non c’è più. Gran finale con la crisi d’astinenza – fortunatamente superata.
La sensazione è che la Bier abbia voluto evitare di compiacere troppo lo spettatore, perché, si sa, la realtà non è mai troppo dolce e costringe sempre ad assaporare i bocconi più amari. Ma la rappresentazione dei tanto amati temi forti e scottanti, quelli che non possono mancare in un film impegnato, resta troppo patinata e priva del realismo che probabilmente meriterebbe.
Curiosità
Susanne Bier vanta fra i suoi undici lungometraggi ben due titoli da cui sono stati tratti dei remake. Il primo è The One And the Only (1999), il secondo è Non desiderare la donna d’altri (2007), il cui remake uscirà probabilmente nel 2009.
A cura di Fabia Abati
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