Grandmother and grandson
Certa critica ha accusato Alexandra di non aver affrontato a muso duro le problematiche politiche e sociali della guerra cecena e le responsabilità della Russia in questo conflitto. Aleksandr Sokurov si sarebbe nascosto dietro lo sguardo universale della Madre che protegge i propri figli, ha ottenuto il permesso da parte del governo di girare sul fronte ceceno – durante le riprese, la troupe veniva scortata tutti i giorni dall’esercito russo e tutte le sere riaccompagnata a casa – e ha evitato di puntare il dito contro l’oppressore, abbandonando il ruolo che lo aveva sempre contraddistinto: essere una voce fuori dal coro.
Sfogliando all’indietro la filmografia del regista si direbbe invece che i conti tornano: ancora una volta si parla di madri e figli e della Madre Russia. La dimensione intima invade il discorso sulla guerra, a ricordare che qualsiasi situazione è intessuta di affetti, sguardi, corpi. Alexandra è, prima che un film sulla guerra, una storia d’amore fra una nonna e un nipote, il confronto fra un corpo vecchio che ancora cerca la vita e uno giovane ancora acerbo e vicino alla morte. Si sceglie nuovamente il punto di vista femminile per raccontare il potere, la guerra, il Moloch. Alexandra è uno sguardo estraneo che si aggira per il campo militare portando il femminile laddove la virilità celebra il proprio impero assoluto. Nelle sue parole rieccheggia l’arcaica opposizione tra la Madre portatrice di vita e la Morte che le strappa i figli: «Questi ragazzi sanno soltanto uccidere». I figli hanno dimenticato come ci si innamora, si sopravvive, ci si procura da mangiare. Alexandra va a comprare le provviste per i soldati e lì incontra altre Madri che approfittano del mercato nero per mantenere i propri figli. Le Madri sono coloro che passano dall’altra parte del fronte (mentre non si vedono mai i soldati che combattono contro il nemico), creano legami di amicizia, parlano del futuro; perché, oltre la guerra, un futuro ci deve essere per certo.
Manca l’indice puntato, in Alexandra, ma questo non significa che Sokurov abbia rinunciato a essere critico. La guerra alla guerra si combatte con le idee, con il semplice rovesciamento del punto di vista da cui si osserva il mondo. Può sembrare poco ma è il gesto obbligato e, insieme, il più sovversivo che un regista dovrebbe compiere.
Curiosità
Galina Vishnevskaya è una celebre soprano. Sokurov l’ha conosciuta quando era impegnato a girare Elegia della vita (Elegiya zhizni, 2006), documentario sulla vita della cantante e del violoncellista Mstislav Leopoldovich Rostropovich, suo marito.
A cura di Fabia Abati
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