Nuovi orrori
La Platinum Dunes fa esordire dietro la macchina da presa registi di videoclip o filmaker che hanno all’attivo qualche cortometraggio. La giovane storia della casa di produzione di Bay inizia nel 2003 con il rifacimento di Non aprite quella porta; tre anni più tardi è arrivato il nuovo Amityville horror e successivamente Non aprite quella porta – L’inizio. Piccoli progetti, dal punto di vista produttivo e di impegno economico, che garantiscono una certa presa su un pubblico nostalgico, che ama il genere, che ricorda e rivede un certo tipo di horror.
Il senso di questo film sta tutto nella sua storia produttiva: il nuovo The Hitcher riprende in maniera puntuale il film di Robert Harmon del 1986, per alcune scelte di inquadrature, per la ripresa acritica del plot narrativo. Si nutre di omaggi e citazioni, da Duel (id., S. Spielberg, 1971), con l’imponente camion che arriva nella stazione di servizio, a Psyco (id., A. Hitchcock, 1960) nella ripresa dal’alto dello scarico insanguinato, e ancora inserendo alcune scene di Gli uccelli (The birds, A. Hitchcock, 1963), non tanto per gusto di citazione significativa, quanto per divertissmant: nel 2009 infatti è prevista l’uscita di un rifacimento della Platinum Dunes proprio de Gli uccelli
In definitiva, i progetti della “piccola” casa di produzione di Bay possono contare su registi e professionisti capaci, veloci e puntuali, come sono i registi di videoclip che lavorano nell’ambito mainstream della videomusica, esattamente come Meyers, regista per la Spears, Korn, Missy Elliot, Janet Jackson…
Cinema come prodotto, qualitativamente in grado di stare sul mercato, sufficientemente leggibile dalla maggior parte del pubblico, soprattutto adolescenziale.
Il “riammodernamento” della storia sta in un inevitabile appiattimento del senso: nel film originale il rapporto tra il cacciatore/Ryder e la preda/Jim si ribalta, si mescola e confonde fino alla fine, in una sorta di percorso catartico verso l’età adulta, verso la fine dell’innocenza, nella consapevolezza che il Nemico è dentro e che l’Altro è uguale a noi. Il confronto tra i due uomini acquista un valore eterno, un significato edipico, in una sorta di scambio tra allievo e maestro.
Qui invece, il bersaglio diventa la ragazza, che si trasforma a poco a poco in una vendicatrice tarantiniana, con fucilone, minigonna e stivali da cow-girl: una sorta di spolverata di Grindhouse (id., Q. Tarantino, 2007), che lucida i sottotesti perturbanti con una patina glamorous.
Ma i generi sono da sempre prodotti cinematografici “da consumare”, che in epoche diverse possono essere protatori si noccioli di senso storico, visivo, sociale, culturale.
Se vent’anni fa l’horror americano portava la consapevolezza della minaccia di un nemico interno (come il cinema americano fa insistentemente, forse ora anche in maniera più radicale, perchè nascosta dentro il prodotto di massa televisiva, come Lost), ora la tendenza è quella di riprendere quel senso, masticato e digerito, per lasciarlo decantare in un limbo di normalizzazione e assopimento delle istanze inquietanti.
Curiosità
Il prossimo progetto della Platinum Dunes sarà, The horseman, una sceneggiatura originale alla Seven (Se7en, D. Fincher, 1995), diretta dal regista di videoclip Jonas Akerlund (Jump di Madonna, Mann gegen Mann dei Rammstein, Rain fall down degli Stones).
A cura di Francesca Bertazzoni
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