Cannes
19 maggio
Una piacevole sorpresa in film filippino in concorso, segno dell’importanza che sta acquisendo questa cinematografia. Si intitola Serbis e il regista è Brillante Mendoza, già segnalatosi al Festival di Locarno. Ambientato in un sex centre di Manila, a conduzione famigliare, con un cinema porno e appartamenti in cui esercitano prostitute, il film adotta un linguaggio cinematografico estremo. Tutto girato con una macchina a spalle e ripreso in presa diretta con rumori di sottofondo provenienti dall’esterno che arrivano quasi a coprire i dialoghi dei protagonisti, e senza una narrazione tradizionale ma con una serie di eventi quotidiani che si susseguono e tutto si puo’ bloccare per l’improvviso ingresso in sala di una capretta! Il cinema è un atto di voyeurismo, riprendendo la famosa scena del proiezionista che si masturba di Nel corso del tempo (Im lauf der Zeit, Wim Wenders, 1976), la sala del cinema porno eccheggia quella reale dello spettatore e Serbis si conclude simulando che la pellicola bruci.
Tra le cose più belle regalateci da Cannes, c’è Ashes of Time Redux, vale a dire il montaggio definitivo del film di Wong Kar Wai del 1994. E’ il secondo regista, dopo Coppola con Apocalypse Now, che realizza una versione “redux” di un proprio film. Ashes of Time è un film bellissimo, si tratta di un wuxia, il genere fantasy di spadaccini volanti popolarissimo a Hong Kong. Nell’unico film di questo tipo da lui realizzato, il regista di 2046 inserisce i suioi temi usulai: le nevrosi metropolitane, le mancate collisioni amorose all’interno di un’ambientazione storico-fantastica. Meravigliosa la fotografia, in cui predomina il giallo, di Christopher Doyle. Il regista ha presentato in sala il film, insieme a buona parte dello staff, e ha invitato a cinque minuti di silenzio in memoria delle vittime del disastro ambientale in Cina.
In concorso tornano i Dardenne con il film Le silence de Lorna. Ancora un’opera fortissima e devastante, come nella tradizione dei fratelli cinesti belgi, che racconta di una ragazza albanese emigrata, che contrae matrimoni a pagamento per stranieri che vogliono ottenere la cittadinanza belga. Si profila un affarone con un boss della mafia russa e il racket cui lei appartiene decide che il suo attuale marito, che impedirebbe il tutto, debba essere eliminato. Come sempre uno sguardo secco, distaccato, entomologico che rifugge a ogni partecipazione emotiva, all’interno di raccontato essenziale senza indulgere a digressioni. Seguendo l’esempio di Bresson, un cinema scarno e devastante.
A cura di Giampiero Raganelli
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