Don’t save the last dance!
Nonostante il titolo, Step Up 2 non è propriamente il sequel di Step Up (id., Anne Fletcher, 2006) e non è quindi un grave ostacolo esserselo perso. Non si narrano infatti eventi successivi a quanto era successo nel primo, ma si tratta di una storia del tutto nuova, con protagonisti inediti. Appare solo brevemente il vecchio protagonista maschile, giusto per dare un senso di continuità. In comune i due film hanno semplicemente l’ambientazione: la, a quanto pare prestigiosa, Maryland School of the Arts (MSA) di Baltimora. La trama in realtà ripropone semplicemente lo schema della prima, invertendone le situazioni.
Una storiella esilissima che funge da pretesto per mostrare strabilianti e ginnici numeri di danza. I personaggi sono appena delineati, ma del resto è inutile pensare a uno spessore psicologico. Agiscono in base a stereotipi narrativi triti e ritriti e le loro azioni sono prevedibilissime. Rispetto ai tanti musical di questo tipo, Step Up 2 si vuole distinguere per portare i numeri di danza dalle sale da ballo alle strade, dando così spazio ai quartieri urbani marginali della periferia americana. Numeri di tip tap, double dutch, salsa, popping e ovviamente break dance, eseguiti da note compagnie, dovrebbero costituire i pezzi forti del film. Sono però mal rappresentati, non coinvolgono minimamente e lo sbadiglio si impone immediatamente.
Un po’ di Save the Last Dance (id., Thomas Carter, 2001), Saranno famosi (Fame, Alan Parker, 1980) e Flashdance (id., Adrian Lyne, 1983), un pizzico di West Side Story (id., Robert Wise, 1961), passando anche per il recente Hairspray – Grasso è bello (Hairspray, Adam Shankman, 2007): tutto già abbondamente visto e stravisto. Ma è anche inevitabile un impietoso confronto con gli illustri modelli. Manca il brio di Fame e Flashdance, il respiro urbano di West Side Story e come non notare l’insipida Baltimora che fa da sfondo, confrontata con quella coloratissima e scintillante di Hairspray. Spiace peraltro vedere il coinvolgimento del regista e coreografo di quest’ultimo film, Adam Shankman, qui in veste di produttore.
Pare che sia in cantiere uno Step Up 3, questa volta in 3D. Non se ne vede l’ora!
A cura di Giampiero Raganelli
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