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Saltare fuori dal cinema

Saltare fuori dal cinema

Quando, poco meno di tre anni fa, uscì nelle sale I fantastici quattro (Fantastic Four, Tim Story, 2005), in pochi pensavano che si sarebbe potuto vedere un film ad alto budget sui supereroi più deludente di quello. Invece oggi si può affermare con convinzione che l’improbabile è avvenuto, e si chiama Jumper. Tratto da un romanzo di Steven Gould (di cui esiste anche un seguito – e sembra che il film darà vita addirittura a una trilogia), Jumper è l’esempio perfetto di quello che non si vorrebbe da un prodotto del genere. Per dimostrare perchè, procediamo per punti:

• La narrazione è estremamente superficiale e priva di spunti di interesse. Dopo l’inizio in cui si rimane intrigati dall’argomento, presto non si trova un motivo per dover seguire le gesta di questi anonimi jumper.
• La sceneggiatura sembra uno dei muri attraversato dai jumper, è piena di crepe. Non si capisce perchè accadano le cose, avvengono fatti insipegabili senza motivo, tutto sembra buttato lì a caso una scena dopo l’altra.
• Manca completamente l’introspezione dei personaggi, che da Spiderman (id., Sam Raimi, 2002 – ricordate i supereroi con superproblemi?) in poi non può mancare. Nessuno si chiede mai il perchè delle cose o si pone questioni di alcun tipo.
• Non si capisce chi sia il buono e chi il cattivo. Potrebbe essere intrigante un film di supereroi in cui eroi positivi e negativi si mescolano, ma in questo caso manca tutta la costruzione attorno per fare in modo che ciò possa accadere. Il risultato è che tutti i personaggi finiscono per essere antipatici, senza riuscire a creare un minimo di empatia.
• I combattimenti sono chiassosi e confusi. Uno dei punti di forza sarebbe potuto essere la particolarità delle lotte tra un continente all’altro ma, soprattutto nella fase finale, diventano pressochè incomprensibili.
• I luoghi del mondo sono unicamente cartoline. Il film è ambientato in moltissime location, ma nessuna di queste viene sfruttata a dovere, finendo per sembrare solamente un’immagine senz’anima.
• L’utilizzo degli attori è per lo meno particolare. La migliore, Diane Lane, recita per due-tre minuti al massimo. Il più famoso, Samuel L. Jackson, ha un look risibile che ne fa la brutta copia del personaggio di Unbreakable (id., M. Night Shyamalan, 2000). I protagonisti, Hayden Christensen e Rachel Bilson, recitano come in una puntata di The O.C. (di cui in effetti Doug Liman è stato produttore). I più promettenti, Jamie Bell e AnnaSophia Robb, sono relegati in parti minori.

Dovrebbe bastare per dimostrare la pochezza di un film che sembra l’episodio pilota di una serie tv che non andrà mai in onda. Davvero poco per una produzione costata cento milioni di dollari e che era molto attesa dai fan del genere. L’unica speranza è che, essendo uscito in sala il 29 febbraio, si debba aspettare almeno un altro anno bisestile per doverne sorbire il seguito.

Curiosità
Per poter girare al Colosseo (possibilità che non era stata concessa neppure a Ridley Scott per Il gladiatore), la troupe ha dovuto per tre giorni seguire condizioni molto strette, riguardanti l’orario (tra le 6.30 e le 8.30 del mattino), l’obbligo a non appoggiare niente al suolo e il divieto di illuminazioni artificiali.

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