Alfabeto dello sguardo
Parte da dentro il corpo il film di Schnabel, nella testa di Dominque paralizzato, con solo un occhio aperto che usa per comunicare con il mondo. Un viaggio incredibile che conduce lo spettatore alla radice dei ricordi del protagonista, dentro la sua vita, i suoi amori, le sue delusioni, le gioie e le amarezze. Lo scafandro e la farfalla, terzo lungometraggio che l’eclettico Julian Schnabel, videoartista e pittore, ha realizzato ispirandosi all’omonimo libro scritto appunto da Dominique Bauby con uno speciale sistema linguistico di dettatura, rappresenta le fasi di avvicinamento alla libertà (prima che fisica, soprattutto mentale) di un uomo che all’improvviso ha dovuto fermarsi. E stare a guardare.
Un film che fa riassaporare allo spettatore il gusto del guardare oltre, del superare i confini e i limiti dello sguardo, dell’inquadratura e del cinema stesso. Un film che pone di continuo interrogativi sulla potenza e l’impossibilità della visione.
Dominique è diviso a metà (può muovere un solo occhio, l’altro glielo hanno chiuso) come lo spettatore che oscilla tra soggettive di Dominique e oggettive di ciò che gli sta intorno. Un film diviso a metà, che per metà mostra la realtà e l’immaginazione dal punto di vista di chi è fermo col corpo ma in viaggio con lo sguardo e per l’altra metà racconta le reazioni, il disagio, la sofferenza, il limite ma anche il desiderio di contatto e relazione di chi sta fuori, di chi è guardato e a sua volta guarda. Con sospetto e ammirazione, paura e senso di colpa.
In questa infinita suddivisione, sempre più livellata, sempre più suggestiva e provocante, fatta di occhi e pensieri, sentimenti e rancori, ustioni umorali e infiammazioni visive, si prende in considerazione pure la possibilità che il cinema, come strumento che mette al centro l’occhio come parte sineddotica del corpo, possa ancora comunicare il dolore e la morte senza fermarsi davanti alle lacrime.
Schnabel miscela soggettive e oggettive dando al film un impianto che non necessita di ricatti morali o patetismi per essere valorizzato, esprime con coraggio la visione sghemba che Dominique ha del mondo: a volte è sfocata, a volte fuori quadro.
Soprattutto, nonostante la matrice fortemente antispettacolare del racconto, riesce a stimolare la fantasia dello spettatore. Un racconto carico di emozioni che mira alla rappresentazione concreta della libertà (da qui il significato del titolo: liberarsi dallo scafandro e volare come una farfalla) e, perché no, dell’amore.
Curiosità
Premio per la miglior regia a Cannes 2007. Golden Globe per il Miglior Film Straniero e Golden Globe per la Migliore Regia.
A cura di Matteo Mazza
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