Il Titanic sta affondando
Ascanio Celestini, uno dei più brillanti esponenti del teatro di narrazione, si cimenta nella regia di un documentario. Un’operazione rischiosissima sulla carta: cosa c’entra con il cinema, un artista la cui grande forza sta nell’affabulazione verbale, nella capacità di evocare storie e situazioni all’interno di uno spazio teatrale vuoto, senza scenografia? Come si concilia con l’oggettivazione dell’immagine cinematografica? Parole sante è in realtà il completamento del lavoro teatrale di Celestini, che da sempre si fonda su di un grosso impegno di indagine, spesso portato avanti con interviste ai protagonisti o ai testimoni delle storie raccontate. Proprio in questo periodo è in tournée Appunti per un film sulla lotta di classe, una performance sul tema del lavoro precario, modificata a seconda del luogo in cui viene rappresentata e aggiornata in base all’attualità dei decreti, delle circolari, delle ispezioni e delle rivendicazioni sindacali.
L’inizio e la fine del film sono contrassegnati da due monologhi dell’autore-attore, ripreso in primo piano. Sembra evidente il rifarsi al modello di Io e Annie (Annie Hall, Woody Allen, 1977), grande cult per la generazione dei trenta-quarantenni cui appartiene Celestini. E va detto che l’attore romano, pur nella differenza tematica, (l’uno affronta tematiche sociali, l’altro esistenziali) riesce ad essere all’altezza del grande Allen. E i suoi soliloqui, arguti e briosi, costituiscono il giusto contraltare alle parti documentarie, costituite esclusivamente da interviste ai protagonisti della vicenda.
La carriera teatrale di Ascanio Celestini è incentrata sull’impegno civile. L’oggetto di questo documentario, e del relativo spettacolo, è una situazione che sembra non avere sbocchi. Ne emerge un altissimo senso di disperazione che coinvolge ormai un numero molto elevato di persone. Ne escono male i soggetti istituzionali, i politici e i sindacalisti, per la loro attitudine al compromesso. Lo stile di regia da reportage è asciutto e lo sguardo oggettivo. Celestini si limita a raccogliere quello che vede. Sono i suoi commenti/monologhi, siano essi con voce off o meno, a conferire una coloritura a volte poetica a volte ironica. Dalla descrizione dello squallore del contesto, fatto di centri commerciali, in cui si trova il palazzo del call center, alla bellissima metafora del Titanic: come il celebre transatlantico, l’Italia sta affondando, ma nessuno se ne accorge e tutti vanno avanti a ballare.
Curiosità
Gli spettacoli di Ascanio Celestini rientrano nel cosiddetto “teatro civile”. Si è occupato del massacro delle Fosse Ardeatine in Radio Clandestina, della storia della classe operaia in Fabbrica, della Liberazione di Roma in Scemo di guerra, della condizione negli ospedali psichiatrici in La pecora nera.
A cura di Giampiero Raganelli
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