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I sogni, il cous cous e gli altri

I sogni, il cous cous e gli altri

Il cibo sulla tovaglia disegnato come decorazione, ma prima ancora stampato negli occhi e nelle orecchie di chi ha la faccia sopra il piatto. Leggi Cous cous, trovi nuovi pensieri e cominci ad immaginare. Intraprendi un viaggio alla scoperta di quello che ammiri dentro il piatto che hai davanti agli occhi, che stai annusando e cerchi di ascoltare con i sensi. Quali ingredienti, quali sapori, quali evasioni?
Leggi Cous cous e vieni proiettato in un altro mondo alla scoperta di abitudini non tue e scopri cosa significa essere diverso, vivere da diverso, sognare da diverso in una società che in parte è tua e in parte degli altri, che comunque, in quanto altri, si tengono la parte più grossa.
Guardi Cous Cous e bussi alla porta di una famiglia araba che vive nei pressi del porto di Sète, vicino Marsiglia. Entri, guardi i colori e annusi gli odori che arrivano dalla cucina.

Kechiche racconta una nuova sfumatura dell’incrocio tra diversità e mescolanze, soffermandosi su una sola famiglia araba che vive da integrata in un contesto straniero. Dopo La schivata, che cercava di illustrare la difficile convivenza tra gli stessi abitanti di un quartiere delle banlieue, che raccontava di un amore difficile da gestire, che evidenziava i contrasti e le contraddizioni con l’altra società, Cous cous offre una variazione significativa al tema delle dinamiche relazionali e del riscatto sociale.

Un film che racconta semplicemente la nascita di un sogno (un po’ per sogno, un po’ per necessità di reagire ai (non)sogni degli altri), della sua realizzazione e difficile concretizzazione, vissuto da Beiji e condiviso da tutta la sua famiglia. Ma anche, un film che si muove su un ritmo incessante, che si ferma sulla pelle dei protagonisti e sulla freschezza di certi sguardi ingenui, brillanti, spontanei. Un film che affronta l’argomento famigliare dentro la famiglia stessa, sulla tavola, tra le sedie e le posate. Tra una litigata e un piatto passato a chi si ha di fronte, un calcio sotto e uno sguardo che ammutolisce, una chiacchiera e una risata. Una sberla e un bacio. Cous cous è una tavola apparecchiata, con tante portate e tanti ospiti/spettatori pronti a condividere, ciascuno con l’altro, che a differenza di altri, non è lontano.

Un film, poi, che comunica la voglia di andare verso l’altro, che cerca di spingersi oltre anche con un certa ansia di arrivare, di dimostrare, di riscattare qualcosa che è stato strappato via. Un film che vuole conquistare la dignità perduta o forse, soltanto, dimenticata e calpestata da altri.

Curiosità
Cous cous si è aggiudicato il Premio speciale della Giuria alla Mostra Internazionale del cinema di Venezia 2007 e l’attrice Hafsia Herzi il Premio Mastroianni come giovane attrice emergente. Ha detto Abdellatif Kechiche: «L’idea per Cous cous mi è venuta andando a trovare la mia famiglia: ho avuto voglia di parlare di loro, nei luoghi in cui vivono, ossia Nizza, di cui sono originario, e di mettere in risalto mio padre, che avrebbe interpretato il ruolo principale.
Nella storia, quest’uomo che recupera una vecchia barca per trasformarla in un ristorante, rappresenta un po’ me stesso che cerco di realizzare un film senza finanziamenti ma con delle trovate: avevo recuperato una super-16, pensavo di girare negli appartamenti di famiglia e in una barca che avevo scovato nel porto di Saint-Laurent. Più tardi, ho capito che non era così facile fare un film senza nulla, o meglio che l’energia utilizzata valeva molto più di tutto l’oro del mondo!».

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