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Indovina chi gioca con la Barbie nera?

Indovina chi gioca con la Barbie nera?

Una bambina bionda sta giocando con le sue Barbie davanti ad una grande casa di bambole. La Barbie bionda si sta vestendo e la Barbie nera è la sua cameriera. La madre della bambina bionda entra nella stanza e all’improvviso la piccola inizia a far finta di giocare solo con la Barbie nera. “Giochi con Aiscia – dice la mamma – Brava, ma mettile dei vestitini, sennò ha freddo”.
Una bambina nera sta giocando con la sua Barbie nera ed è in lacrime: ha colorato i capelli della sua bambola di giallo, rovinandola definitivamente. La mamma la rimprovera, ma la piccola piangendo urla che lei voleva la Barbie sposa perché è bionda.
Ecco due scene emblematiche di Bianco e Nero di Cristina Comencini.

Il film avrebbe lo scopo di parlarci del razzismo inconsapevole o di quello mascherato da una solidarietà fasulla. Quello che viene esasperato dai modelli estetici imperanti, uniti a una totale propensione per il politicamente corretto. “Non si dice negro e neanche di colore, si dice nero” dirà Elena, il personaggio interpretato da Ambra Angiolini.
Si vorrebbe puntare il dito sul fatto che a Roma, come nel resto d’Italia, esistono mondi separati tra bianchi e neri che non riguardano il ceto sociale di appartenenza, ma proprio il colore della pelle: i bianchi stanno con i bianchi e i neri stanno con i neri. Come dar torto a questa teoria?

Eppure Bianco e Nero, nonostante un cast azzeccato, due buone idee di regia (il rifacimento del letto, la festa dei bambini), non riesce ad arrivare in fondo ai suoi intenti.
Il suo problema principale è nella scrittura: la storia d’amore è mal sviluppata, la scoperta del tradimento è repentina, la conclusione affrettata. E, ad appesantire il tutto, la presenza ingombrante di una straripante simbologia che farcisce ogni inquadratura. Cristina Comencini ci ricorda continuamente che stiamo parlando di razzismo e continua a contrapporre i colori: la barbie bianca e quella nera, i capelli lisci e quelli crespi, la cameriera nera con grembiule bianco, il cameriere bianco in guanti bianchi che serve i neri. Fino alle scelte metacinematografiche come il bagno nella fontana di Trevi della coppia multicolore e il primo piano delle mani intrecciate, la nera e la bianca, come nel manifesto di Jungle Fever (id., Spike Lee, 1991).

La battuta chiave del film è pronunciata da Nadine, interpretata da una brava e bella Aïssa Maïga, che guardando la ricca Elena, mentre cerca di convincere una platea di bianchi borghesi a donare fondi per il bene dell’Africa. dice: “Le conosco quelle come lei. Sono quelle che devono farsi perdonare la cameriera nera con il grembiule bianco”.
Guardando Bianco e Nero sorge il dubbio che il trio delle sceneggiatrici avesse davvero molto da farsi perdonare.

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