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Un’allegra famiglia di storici

Un’allegra famiglia di storici

Storia. Materia ostica da studiare a scuola, piena di nozioni e date da mandare a memoria. Eppure se presa nel verso giusto, la storia può essere avvincente e piena di sorprese.
Lo sapevano bene Steven Spielberg e George Lucas che all’inizio degli anni ’80 inventarono il personaggio di Indiana Jones, unendo la noiosa storia, il fascino dell’avventura e la faccia da schiaffi di Harrison Ford. Risultato? Un archeologo di grande successo Alla ricerca dell’arca perduta (Raiders of Lost Ark, 1981).

Con il giro di boa del nuovo millennio, Jerry Buckheimer, il produttore cinematografico e televisivo di maggior successo al mondo, ha provato ad attualizzare questa vecchia formula.
Risultato? Storia e leggende metropolitane diventano lo spunto per inventarsi di sana pianta simpatiche assurdità. Il tutto farcito da inseguimenti, famiglia e da una sana dose di americanismo, che di questi tempi non guasta mai. Nasce così un Indiana Jones che sembra scritto dal Dan Brown de Il codice Da Vinci: Ben Gates.

Il mistero dei templari (National Treasure, 2004), il primo capitolo, era davvero assurdo: una mappa tridimensionale celata all’interno della carta su cui fu scritta la dichiarazione di indipendenza, visibile attraverso gli occhiali di Jefferson, che porta al tesoro dei templari nascosto sotto una chiesa di Manhattan.
Una storia cialtrona e assurda in pure stile Bruckheimer: l’eroe in cerca di riscatto, la spalla comica, la bellona intelligente, il mondo che rema contro e battute tamarre da film action.

Visto il successo di pubblico, ecco l’immancabile seguito. Ma come riuscire ad andare oltre? Come stupire il pubblico che si è riuscito a divertire con il primo film?
Il trucco è facile: esagerare e inserire guai familiari. Ben Gates non dovrà solo trovare il tesoro, ma anche riabilitare il nome del suo bisnonno, ricongiungere i suoi genitori e riconquistare l’amore della sua Abigail (Diane Kruger).

Gli ingredienti quindi sono gli stessi, ma se già il primo episodio lasciava sbigottiti per la grande differenza tra perizia tecnica e cialtroneria di scrittura, il secondo tocca apici inimmaginabili. I dialoghi sono tra i più banali mai sentiti, sempre sottolineati da una musica melensa, la dipanazione degli indizi è assurda e le rocambolesche avventure del gruppo sono talmente fuori da ogni possibile credibilità, che viene voglia di alzarsi e uscire dal cinema. La Storia, quella con la s maiuscola, e le leggende metropolitane sono messe sullo stesso piano.
La messa in scena contemporanea di così tante sciocchezze produce nello spettatore due possibili effetti: il rifiuto totale o l’accettazione dello scherzo. Nel primo caso odierete il film, nel secondo caso non smetterete un attimo di ridere.
E l’acconciatura di Nicholas Cage, molto simile a quella di Tom Hanks proprio ne • Il codice da Vinci (Da Vinci Code, 2007) aiuta spesso a propendere per la seconda ipotesi. A voi la scelta.

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