hideout

cultura dell'immagine e della parola

Chi fermerà la musica?

Chi fermerà la musica?

Già l’inizio del film non fa ben sperare. Il bambino è in mezzo a un campo di grano in una fotografia con un’estetica da Mulino Bianco. Decanta la musica e le sue magiche vibrazioni che sente nel vento, nella luce, nell’aria intorno a lui. Sarà la musica che gira intorno, come cantava Ivano Fossati. Tre personaggi accomunati dal talento musicale. Le loro vicende sono seguite con un montaggio parallelo alternato, tanto schematico, quanto banale. La musica nel cuore non verrà certo insegnato, nei corsi di cinema, al posto di Intolerance (id., David W. Griffith, 1916)!

La storia richiama evidentemente Oliver Twist, con un personaggio crudele alla Faggin, interpretato da Robin Williams, nelle cui grinfie incappa il bambino protagonista. Tra parentesi, che tristezza vedere quanto in basso si sia ridotto un brillante attore come Williams, che, in questo film, sembra una copia di Bono degli U2! Viene da chiedersi se il romanzo di Dickens sarebbe stato preso a modello se non fosse stato per la notorietà della recente versione cinematografica di Roman Polanski.

L’unico elemento interessante è il tentativo, riuscito solo in parte, di fare della musica il sottotesto di tutto il film. Caratterizza i tre personaggi, artisti appartenenti a diversi generi. Diventa il motore della storia e compare sotto forme molteplici, dal rock ai gospel, dalla classica alla sinfonica. Anche i rumori della Grande Mela diventano, nelle orecchie del bambino, delle melodie. I colpi della palla nelle partite di basket, il rombare delle automobili e dei treni della metropolitana, gli schiamazzi della gente: tutto viene ritmato come fossero percussioni armoniche. Se questo aspetto fosse stato meglio sviluppato, avrebbe forse risollevato le sorti del film.

Imbarazzante prova di regia per l’irlandese Kirsten Sheridan (figlia dell’altro regista Jim), peraltro reduce da un adattamento cinematografico del testo teatrale Disco Pigs, una delle vette della nuova generazione di drammaturghi “arrabbiati” inglesi. Con quale nonchalance può passare da un’opera violenta come quella a un film buonista e patetico come La musica nel cuore?

Non c'è ancora nessun commento.

Lascia un commento!

«

»