La Gerusalemme liberata?
Raccontato così potrebbe anche sembrare un buon film, ma in effetti non lo è. Potrebbe essere un punto di vista interessante, anche se non certo inedito, il fatto di raccontare la storia dell’inizio del conflitto arabo-israeliano attraverso le vicende private di due amici, che si trasformeano in nemici, perché travolti da avvenimenti storici molto più grandi di loro. In realtà i due protagonisti passano rapidamente in secondo piano e il film scade ben presto nell’inutile cronachismo, ancorché molto dettagliato e accuratamente documentato. Va detto a tal propostio che su internet già si denunciano errori e anacronismi. I veri protagonisti diventano quindi i personaggi storici, tra cui spunta un ridicolo Ben Gourion, anche se impersonato dal grande Ian Holm che, più che il leader israeliano, ricorda la figura di uno scienziato pazzo, quasi fosse il dottor Mabuse.
Bobby e Saïd si riprendono la scena alla fine del film in una situazione in realtà abbastanza patetica. I due si ritrovano durante un combattimento, l’ebreo salva l’arabo da uno scontro a fuoco e lo porta al rifugio in una sinagoga, dove avviene la riconciliazione. Alleluia! Questo è uno degli elementi che dimostra come in realtà la posizione del film sia abbastanza sbilanciata a favore degli Ebrei, nonostante i proclami di equidistanza del regista. Va dato atto comunque di come il film non nasconda il massacro del villaggio arabo di Deir Yasin, avvenuto nel 1948 a opera di estremisti ebraici.
Il soggetto è tratto dal romanzo del 1971 di Dominique Lapierre, autore di best-seller umanitari, e Larry Collins, che lo avevano da lungo tempo proposto a grandi registi del calibro di Costa-Gavras e William Friedkin. Questo fa di O’ Jerusalem una delle più grandi occasioni mancate della storia del cinema. Diventa frustrante pensare cosa avrebbero potuto tirane fuori personaggi di quel calibro. Il film è stato invece assegnato al direttore di Amore e musica (Paroles et musique, 1984), forse perché garanzia che non stravolgesse o reinterpretasse il testo come avrebbe potuto farlo un grande autore? Sembrava interessato anche John Briley, lo sceneggiatore di Gandhi (id., Richard Attenborough, 1982), il che avrebbe prefigurato un polpettone-kolossal, comunque più interessante di ciò che alla fine è stato realizzato. Altrettanto inutile fare i paragoni su come Kusturica abbia raccontato, in Underground (id., 1995), una storia di fratelli che si uccidono nella guerra della ex-Jugoslavia. Per capire com’è iniziato il conflitto tra Israeliani e Palestinesi, tanto vale leggersi il Bignami di storia contemporanea.
A cura di Giampiero Raganelli
in sala ::