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cultura dell'immagine e della parola

Cronache da Venezia
7 settembre

Una scena di <i>12</i>, diretto da Nikita Mikhalkov” />La Mostra che spesso ha ricamato storie incredibili e inaspettate giunge al termine ma nemmeno l’ultimo giorno smentisce il suo carattere spettacolare. Dentro le sale si respira l’aria di chi sta per fare le valigie, di chi è pronto a chiudere gli occhi/stimoli e a tornare alla propria casa (per provarne magari altri), ma la Mostra continua a sorprendere. Gli ultimi tre film hanno offerto tre sorprese gradite, a partire da <em>12</em> di Nikita Mikhalkov, Leone d’Oro nel 1991 con <em>Territorio d’amore</em>. Interamente ambientato all’interno di una palestra scolastica il film del regista russo crea una variazione al film di Lumet, <em>La parola ai giurati</em>, collocandolo nella Cecenia attuale, materializzando paure e angosce di un popolo caduto in una tragedia da cui è difficile rialzarsi. I dodici personaggi, giurati che devono scagionare o condannare un ragazzo accusato di omicidio, conducono lo spettatore a scoprire dodici piccole verità (quelle della loro vita) che raccontano le sfumature e le contraddizioni della verità/attualità e del passato. Ricordi, riflessioni, accuse che rimbalzano da un volto all’altro forti di una regia che sembra rimanere spompata soltanto nel finale, dove pare un po’ narcisista. L’intruso avrebbe chiuso il film due minuti prima, ma questo non c’entra.</p>
<p>Del film egiziano di Youssef Chahine, <em>Heya fawda (Chaos)</em>, si può solo rimanere a bocca aperta. L’intruso aveva un occhio poco vicino al Cinema egiziano e si chiedeva tante cose. Tipo, come potrà essere accolto un film sulla corruzione in Egitto, che a quanto pare è corrotto fino al collo (stando alle parole di Chahine, i giovani dovrebbero andarsene dall’Egitto per non farsi coinvolgere nella corruzione)? Quanti generi il regista era riuscito a mettere insieme con questo divertente/tragico melodramma contemporaneo? Quanto cinema aveva respirato durante quella visione senza accorgersene? Insomma l’intruso, nella sua ignoranza, era rimasto molto colpito da <em>Chaos</em>.</p>
<p>Poi capita di condividere la visione di <em>Ano Una</em> di Jonas Cuaron con Alfonso Cuaron, padre del giovane e brillante regista di questa interessantissima opera presentata nella Settimana della Critica come evento speciale. Un collage di fotografie digitali montato come in un film, scorre armonioso su una sceneggiatura molto intelligente e mai banale. Un’esperienza molto stimolante per gli occhi e anche per le emozioni. Un esperimento riuscito che racconta l’amore da un punto di vista, ancora una volta e per fortuna, diverso.</p>
<p>Ora ancora cinema. Tra poco la visione di <em>Non pensarci</em> di Gianni Zanasi. L’ultima. Domani e domenica forse no, ma già lunedì si parlerà di altro. </p>
<p>Meno uno e l’intruso è sul treno. </p>
				<p class= A cura di Matteo Mazza
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