Dell’orco non si butta via niente
Ha riscattato la sua condizione di antieroe nel primo atto e ha conquistato Hollywood nel secondo. Dopo l’ingresso trionfale nel Pantheon delle star, Shrek può ormai sedersi a contemplare se stesso nelle rappresentazioni che si allestiscono su di lui nel regno di Molto Molto Lontano.
L’orco si osserva nella sua nuova condizione di modello: scemata la spinta rivoluzionaria, congelata nel nuovo canone di riferimento, il pubblico di Molto Molto Lontano vede ripetersi all’infinito la storia dell’orco che sconfigge il bel principe, come l’animazione hollywoodiana clona ripetutamente il Lungometraggio Per Adulti Politically Scorrect.
Esaurita la novità, a Shrek Terzo non rimane che rimirarsi secondo tutti i crismi del film postmoderno. Mise-en-abîme e il consueto gioco multiplo di specchi sostengono il solito film autoreferenziale e autocitazionista. I personaggi non sono altro che la messa in scena di ciò che erano negli episodi precedenti (clamoroso buco: non si parla dell’Omino Focaccina che vive nella farina!). Da autentici caratteristi che ripetono il proprio numero, Gatto con gli stivali fa gli occhioni dolci e l’omino di zucchero subisce varie torture. Anche Shrek si appiattisce sul modello della bestia incapace di risollevarsi dalla propria condizione: cambia l’oggetto del suo senso di inadeguatezza – questa volta è la paternità – ma non il suo scheletro nell’armadio.
Shrek Terzo è un collage di siparietti pronti a ricordare quanto era divertente la principessa Fiona che lottava contro gli uomini del bosco e quanto sono simpatici Ciuchino e la sua draghessa. Film senza vita propria, si accontenta di imbalsamare se stesso, sperando che nessuno si accorga dell’odore di vecchio che aleggia intorno. Orgoglioso del suo antenato anticonformista e innovatore, cade in un fastidioso senso di vuoto e di ripetitività, la stessa palude in cui si sono impantanati tutti quelli che hanno provato a imitarlo.
Per il futuro ci auguriamo che, a differenza dell’orco, il terzo episodio non generi altri eredi.
A cura di Fabia Abati
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