Nella tana del Pornalaio – IV puntata
Nella puntata precedente: Abbiamo preso servizio nell’edicola pornografica, osservando l’ambiente, i clienti e provando a immaginare le loro abitudini di consumo.
Il pornalaio notturno fatica. Ci sono bolle di accompagnamento da compilare, pacchi di rese da preparare e da impilare sul marciapiede nell’attesa che passi il facchino a ritirarle, bisogna fare i conti e catalogare il venduto. Il tutto tenendo la coda dell’occhio costantemente orientata verso la sezione Dvd, per evitare episodi di taccheggio. In un angolo della videoteca è stato sistemato uno specchietto tondo, che permette all’edicolante di vedere dove i clienti mettono le mani. «Sì, ogni tanto ci provano. – ammette Joe – E qualche perdita è fisiologica. Ma in fondo quello è il problema minore». I veri problemi del pornalaio sono fondamentalmente i bimbi e i bisogni corporali: «La cosa più scocciante è controllare che nessun minorenne si infili tra le riviste porno o nella videoteca. Le tende attirano i bambini più piccoli, che vanno intercettati e bloccati per tempo. E poi c’è la questione pipì: l’edicola non può mai essere abbandonata, e tenersela per quattro ore non è piacevole».
Intanto il viavai di clienti prosegue placido e regolare: tra le dieci e mezzanotte undici persone hanno acquistato pornografia e altre dieci biglietti della metropolitana, riviste “pulite” e schede telefoniche. Il venduto è vario ed eventuale, così come la fauna locale.
Il rapporto dell’Eurispes che ho scelto di usare come bussola per la mia inchiesta, alla voce “Identikit del consumatore” presenta ben nove profili, dal Giovin Principiante all’Incallito di vecchio tipo. Provo a catalogare a prima vista le persone che sfilano davanti alla cassa, ma non è un’impresa facile. Il signore anziano che agguanta due romanzetti erotici, il giovanotto in tuta che recensisce a Joe le sue ultime visioni, la guardia giurata a fine servizio, il professionista che dopo venti minuti di analisi opta per due titoli dalla sezione “pelosissime” e un amatoriale.
In generale, quello che mi colpisce è la totale assenza di quello che è il mio “pornomane ideale”: il quarantenne grasso e con la barba sfatta, gli occhi arrossati, una calvizie incipiente e chiari disturbi del comportamento.
Joe mi stupisce con un ragionamento tutt’altro che scontato: «Il consumatore abituale di porno non è affatto un subumano. I nostri prodotti costano, quindi per poterteli permettere devi avere un lavoro che non sia da fame. E i lavori ben pagati non vengono dati agli sbandati. Per assurdo, il ceto sociale medio potrebbe essere più alto qui che non in una biblioteca, dove i libri sono gratuiti».
A seguire mi snocciola una lista dei profili professionali dei suoi clienti, naturalmente senza rivelarne i nomi. Il rapporto con gli acquirenti, d’altra parte, si basa sulla riservatezza e sul silenzio: «A dir tanto conosco per nome tre clienti che bazzicano l’edicola. In generale parlo solo se mi chiedono informazioni su un film.
Per il resto non do confidenza: se iniziassero a considerarmi un amico poi chiederebbero sconti. Ma noi abbiamo i nostri margini e ci stiamo dentro, se scendiamo col prezzo si fa solo casino». Annuisco vigorosamente, poi mi scuso. Si è fatta l’una e ho le mie esigenze; mi concederò il lusso di una pisciata a scrocco nei cessi del Mac di viale Tunisia.
A cura di Marco Valsecchi
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