Lupin a colori
L’occasione è ghiotta per almeno due schiere di appassionati: da una parte i cultori del cinema d’animazione giapponese e di Lupin in particolare, dall’altra gli amanti del cinema di Miyazaki, roccaforte dell’animazione d’autore. Lupin III – Il castello di Cagliostro, il primo dei sei lungometraggi su Lupin, arriva sul grande schermo in Italia. Film senza età (quasi trenta candeline, ma chi se ne accorgerebbe mai?), oscilla fra due potenziali equivoci: da una parte l’aspettativa che gli elementi del film aderiscano perfettamente agli episodi televisivi, dall’altro l’essere considerato solo precursore del cinema miyazakiano e non pienamente film d’autore perché basato su una serie televisiva.
In effetti questo Lupin non ci prova con Fujiko, è sensibile e perfetto gentiluomo. Si lancia alla ricerca di matrici di denaro falso ma devia percorso per poter salvare la pura Clarisse. Invece di approfittare dell’amore che la ragazza prova per lui si sforza di farla sorridere con trucchi da prestigiatore. La maschera di Lupin cade insomma per lasciar posto a un personaggio complesso e maturo. Come sempre le figure maschili traggono vigore dal rapporto con l’altro sesso: è nella relazione con Clarisse – autentica eroina miyazakiana, coraggiosa e fragile – che il Lupin cinematografico si riscatta da quello televisivo, è nel tentativo di salvarla dalla sua prigionia e al contempo di proteggere la sua candida innocenza che dimostra di saper agire con saggezza.
Soprattutto, questo Lupin si muove alla luce del sole. Il colore invade la scena e scalza il paesaggio urbano e cupo dove il trio Lupin-Jigen-Goemon metteva a segno i furti più complicati. Lupin III – Il castello di Cagliostro è principalmente luce e colore, azzurro e verde, vette imbiancate e mare di una Francia del sud che ha il retrogusto di Heidi. È un paesaggio che sa di nostalgia di un’infanzia ormai trascorsa, di una giovinezza dolceamara (che sia quella di Lupin o di Clarisse poco importa) e di un futuro vago ma fecondo di scoperte e di esperienze da vivere. È immagine che parla della vita e della morte, della crudeltà e dell’amore.
Forse questo Lupin non è stato disegnato come la tradizione lo vorrebbe ma ci ruberà facilmente il cuore, come è successo a Clarisse.
A cura di Fabia Abati
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