Bienvenue à la Croisette
Ebbene sì, non sembra neanche vero, ma sono a Cannes. Cittadina incantevole, stretta tra mare e monti, che si protende sulla costa e sfoggia una classe tutta francese. Sono qui fra la miriade di giornalisti e pubblicitari che mi circondano. Mi hanno dato l’elenco dei delegati e dei giornalisti e, tra i quarantaquattro dell’Italia, spunta anche il mio nome. Il Palais du Festival è direttamente sul mare ed è tutto ornato da grandi leoni, l’antico simbolo del Festival Internazionale della Pubblicità. Il clima è di grande fermento, ma ancora di attesa. Siamo tutti appena arrivati e stiamo cercando di capire le cose basilari: dove sono le sale, quando iniziano le rappresentazioni e a che ora passa l’ultimo autobus per tornare a casa. Insomma, ci stiamo ambientando.Dunque, dopo aver bevuto una Coca-cola da quattro euro nel bar della stampa – dove, per altro, ci sono sei mega-schermi per giocare alla Playstation – mi sono avventurata al primo seminario.
La pubblicità riflette su se stessa. Questo è ben chiaro e il primo ragionamento che fa è: quali sono i nuovi modi per catturare lo spettatore? Bisogna riconoscere, come dice Jimmy Mayman – presidente della Goviral, un’agenzia specializzata sui media e campagne pubblicitarie digitali –, che il panorama dei media e l’uso che i consumatori ne fanno è radicalmente cambiato nel corso del tempo. Se prima la fruizione più cospicua riguardava i mezzi a stampa, adesso, invece, il mondo si sta sempre più digitalizzando e ciò che prima veniva identificato come Feudalesimo dei media, adesso viene inteso come Democrazia della persona (“Goodbye to media Feudalism and welcome the media Youcracy”). I nuovi utenti vogliono sentirsi coinvolti e intrattenuti, ma, soprattutto, vogliono poter partecipare. È il concetto del Web 2.0, della rivoluzione dei media e della stessa pubblicità, che dal televisore è passata al computer e al cellulare. Ciò che adesso bisogna fare è adattare i contenuti proposti ai nuovi media e non viceversa. Un esempio riportato è stato quello della campagna virale della Nissan, che ha raggiunto ben 14 milioni di persone in tredici diverse nazioni europee. Per lanciare una nuova auto, sono stati girati e, successivamente, messi in circolo su Internet, finti documentari che mostravano mirabolanti acrobazie di macchine, che poi si scoprivano essere proprio delle Nissan. L’effetto virale ha assicurato una visibilità così sorprendente che ha posto in primo piano l’esigenza di capire meglio i propri consumatori e i loro nuovi e diversi bisogni.
Subito dopo l’interessantissimo seminario, mi sono recata nella sala del Grand Audi e lì mi sono persa in più di cinquanta spot dedicati alle sole automobili. La sala era in penombra, forse per aiutare i giornalisti nel prendere appunti. L’atmosfera era frizzante, ma, al tempo stesso, nervosa. I giornalisti impazienti entravano ed uscivano dalla sala, dandosi il cambio. Alcuni fischi e alcune risate sono state il metro di giudizio del pubblico. Devo dire che non tutti gli spot meritavano un commento. Anzi, la maggior parte risultava abbastanza banale e rientrava nel limbo del “già visto”. Ma alcuni commercial hanno destato l’interesse generale. Si sono contraddistinti soprattutto quelli della Renault e della Volkswagen. Entrambe hanno puntato sull’elemento comico. La prima ha rappresentato una divertentissima danza di Scènic, che, per rispettare la coreografia, causavano rovinosi tamponamenti e incidenti frontali. Il tutto si svolgeva a ritmo di musica e questo per pubblicizzare la validità e la sicurezza dei loro crash test. La seconda, invece, ha spopolato per gli spot sull’incredibile riduzione dei costi delle sue macchine. Un povero venditore di auto veniva, dunque, ripetutamente macchiato di caffè a causa degli spruzzi d’incredulità di due clienti che non riuscivano a credere ad prezzo così basso.
Il primo giorno è, dunque, giunto al termine, ma già domani mi aspettano ardue scelte su cosa seguire e cosa no. Sembra che tutto valga la pena di essere visto. Per il momento mi farò un piatto di spaghetti, anche perchè l’aria si è fatta freschina ed è quasi ora di andare a dormire.
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A cura di Alice Dutto
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