I ragazzi non fanno la Storia
Nei primi anni ottanta, otto ragazzi di una piccola scuola dello Yorkshire, nell’Inghilterra del nord, si preparano ad affrontare l’ultimo trimestre di preparazione in vista del temutissimo esame di ammissione a Oxford e Cambridge. L’ambizione degli studenti è poca cosa, in confronto alle aspirazioni di gloria del corpo docente e del preside, che vede nei giovani una possibilità concreta di dare lustro al piccolo, anonimo, istituto dove lavorano. Loro sono i ragazzi che faranno la Storia.
Apparentemente in linea con film come L’attimo fuggente (Dead Poets Society, Peter Weir, 1989), Scoprendo Forrester (Finding Forrester, Gus Van Sant, 2000) o Il club degli imperatori (The Emperor’s Club, Michael Hoffman, 2002), il film segue il percorso formativo dei ragazzi mentre stringono un legame del tutto particolare con l’esuberante professore Hector (il rubicondo Richard Griffiths), sulla carta professore di letteratura in realtà tuttologo dal piglio esuberante di sicuro fascino sui giovani imberbi. In aula tutti sanno che il professore Hector offre amichevoli passaggi sulla sua moto in cambio di imbarazzati tentativi di palpamenti. I ragazzi sono consapevoli dei suoi istinti sessuali e assecondano i tentativi di seduzione del pingue e impacciato professore. Quando il “segreto” esce dalle mura scolastiche il rapporto tra professore e studenti non può più essere celato, e pur di mantenere l’onore della scuola, il preside propone una silenziosa pensione anticipata. Non servirà nemmeno l’arrivo di Irwin (Stephen Campbell Moore), professore di Storia apertamente gay, che ha come obiettivo secondario quello di migliorare le loro maniere. I due professori iniziano una guerra intellettuale a proposito di due concezioni diametralmente opposte sulla storia, mentre le visioni dei due educatori convergono (con esiti differenti) sull’avvenenza degli studenti. Saranno proprio gli studenti a salvare la cattedra di Hector, minacciando il preside di scatenare uno scandalo (guarda caso) legato alla sua sfera sessuale.
A poche settimane dall’uscita nei cinema di Diario di uno scandalo (Notes on a Scandal, Richard Eyre, 2006), in cui veniva affrontato un tema analogo di seduzione docente/discente (a carattere etero) senza alcuna forma di giustificazione del comportamento della protagonista Cate Blanchett, History boys riporta l’istituzione scolastica al tempo della Grecia classica, in cui l’educazione era considerata una sorta di apoteosi del rapporto sessuale. Possibile valutare senza avere scrupoli di coscienza un film che tratta un tema del genere in modo così leggero? Forse sì, se fosse possibile trascendere dal contesto sociale in cui è inserito il film. Purtroppo il mondo reale è quello di Rignano Flaminio e di questo elemento dobbiamo necessariamente prenderne atto.
Alla luce di queste considerazioni, il valore della costruzione filmico-narrativa passa in secondo piano. Poco influiscono, nel bene o nel male, i tocchi di humour “british style” o il buon crescendo drammatico della vicenda, ma nemmeno la stereotipata costruzione dei personaggi degli otto (antipaticissimi) ragazzi che rappresentano dei topoi fin troppo banali (quello iper-credente, quello nero musulmano, quello indiano, quello sbruffone fascinoso, quello grassoccio impacciato, quello sportivo tonto, per finire con quell’ebreo che si scopre omosessuale e con il suo amico confidente). Rischiando di passare per moralista, tutto questo non riesce a farmi cambiare opinione.
A cura di Carlo Prevosti
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