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Intervista a Domenico Liggeri

Domenico LiggeriDomenico Liggeri, autore televisivo (tra gli altri, Markette), regista di videoclip (tra gli altri, Dedicato a te de Le Vibrazioni), regista per il cinema, giornalista e critico cinematografico, saggista, ideatore e direttore artistico del Premio Videoclip Italiano, docente universitario: una chiacchierata telefonica in notturna, su cosa significa essere creativi in Italia oggi. E, naturalmente, sui videoclip.

Qual è stato il bisogno che ti ha spinto a creare un libro che è quasi un manuale sul videoclip, e credo anche un forte invito a vedere il videoclip con un occhio più consapevole?

Io dico sempre che questo libro che va letto esattamente come si guardano video. Il videoclip nella propria casa si guarda quando se ne a voglia, si accende la televisione e ci si immerge in quello che capita, sperando che il video successivo, i questo caso la pagina successiva, sia interessante e sorprendente.
Il libro va vissuto così: apri, accendi e troverai sicuramente un’informazione in ogni riga, ma anche l’ambizione di voler catturare gli eventi con storie e racconti: è anche un manuale ma non solo, è anche un libro storico, un saggio, un racconto.
Diciamo che Musica per in nostri occhi è una forma di pragmatica contestazione di quello che è stato scritto, o non è stato scritto, prima sul videoclip. Edizioni Bompiani, 2007Non esiste un altro libro così nel mondo, tanto che la Bompiani lo aveva già annunciato alla scorsa fiera di Francoforte, prima che fosse pubblicato in Italia: avevano già un titolo in inglese!
Quello che è stato scritto in precedenza aveva un grosso problema: erano notizie false e tendenziose, che continuavano ad essere portate avanti anche davanti all’evidenza, falsando la storia e prendendo in giro tutti, come la bufala livornese delle teste di Modigliani!
Erano informazioni riportate addirittura nelle tesi universitarie, adottate dai docenti: questo tipo di trasmissione di notizie falsate è un crimine contro l’umanità.
Tutti gli studiosi di videoclip sanno che sono esistiti altri video prima di Bohemian rhapsody dei Queen e invece hanno continuato a trasmettere questo tipo di notizie non corrette: sarebbe come dire che Metropolis di Fritz Lang sia precinema.
E questo errore si è perpetuato perchè non esiste una storiografia nel videoclip.
Io in questo libro ho messo un grande senso di responsabilità: essendo un lavoro unico al mondo diventa un testo di riferimento, per cui non potevo fare un libro fazioso, un atto di autodeificazione che mi sarebbe stato insostenibile.
Ho fatto cento passi indietro come critico per fare lo storico, certamente mantenendo il mio stile, la mia passione e le mie convinzioni. Riporto i documenti uno per uno, con una precisione maniacale, riporto le tesi contrarie alle mie, perché ho voluto lasciare al lettore la possibilità di decidere cosa sia vero.

Queen - Bohemian Rapsody
La telefonia mobile e internet stanno modificando fruizione e composizione del videoclip. Sta accadendo una piccola rivoluzione anche con la nascita di Qoob, ex Flux?

Io ritengo che sia qualcosa di pericoloso, a costo di andare contro il pensare comune: con questo tipo di siti o televisioni si inocula l’idea che la creatività sia un diritto di tutti, e questo è un piccolo crimine.
L’idea che tutti possano essere creativi è come l’idea che tutti possono essere giornalisti, è il segno della fine dell’umanità.
Vorrei che tutti quelli che pretendono di fare i creativi solo perché hanno una piccola idea, ma soprattutto hanno la tecnologia che permette loro di fare tutto in un secondo, si facessero curare l’appendicite da me. Guai a loro se vanno da un medico laureato!
È ignobile che si possa pensare che basti accendere uno strumento di ripresa per essere un creativo, senza che questo debba costare anni di studio, di fatica e di artigianato, di maturazione e di dubbi.
Oggi ci sia alza la mattina e si vomita regia e giornalismo.
E questo non può che creare una generazione sterminata di frustrati. Crea solo frustrazione far credere a chi sta a casa che non c’è bisogno di fatica. Sono dei millantatori.
Forse da Qoob potrebbe emergere un giovane [img4]Gondry che riesce a 15 anni a uscir fuori invece che farlo a 25 anni. Ma la maggior parte delle persone saranno comunque già professionisti che lavorano da anni nel mondo della videomusica.
Io sapevo che era un sogno che dovevo conquistarmi con fatica.
Ovvio che dipende caso per caso, ma è disonesto diffondere l’idea che siamo tutti creativi, perché in realtà ci vuole talento e alla fine i nodi vengono al pettine, per fare il salto di qualità ci vuole professione e talento.
Per esempio, questi contest di Qoob che ora stanno coinvolgendo i Cansei de ser sexy e i Casino Royale, diventeranno una serie: è una metodologia studiata a tavolino, che fa leva sulla frustrazione e l’ambizione cieca dei giovani, allo stesso modo in cui Vanna Marchi ha venduto per anni patacche agli italiani.

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