Ali difficili
Un fiume di donne con il capo coperto ci passa davanti agli occhi. Pollo le guarda e forse è in quel momento che il ragazzo vive un primo impercettibile cambiamento, subisce una mutazione del proprio sguardo e del proprio corpo. Pollo da quell’istante in poi si sintonizza su un’altra posizione del proprio sè, su una maturità umana che l’ambiente familiare, dorato e avvilito, non gli aveva mai dato.
Insieme a lui c’è Curry, ragazzo leggermente più forte, proprio come la mistura di spezie da cui prende il nome. Il loro viaggio sembra uguale a tanti altri, già visti del cinema italiano.
Eppure la bravura della regista, una Francesca Archibugi più efficace che mai, è quella di non far precipitare il film in un’avventura esotica banale, prodotto inevitabile (a cui ci ha abituato il cinema italiano, vedi l’ultimo Last minute Marocco – Francesco Falaschi, 2006) fatto di delusioni sessuali e fallimenti liceali.
È vero anche Lezioni di volo parte da un disorientamento adolescenziale ma le sue frequenze, le sue svolte, le sue immagini sono di altra fattura. E soprattutto i suoi personaggi sono dotati di profondità notevoli e mai banali.
Pollo, un Andrea Miglio Risi – rivelazione, all’inizio appare come una perfetta figura fredda, dall’anima nascosta, ma nella sua crescita raggiunge (ed è molto credibile in questo) la grandezza di un puro sentimento, l’esplorazione dolcissima delle sconosciute profondità altrui (lui stesso parlando della dottoressa di cui è innamorato dice vibrando “Non è che mi piace, mi serve”).
Curry è un corpo che non si appartiene, viene fermato da tutti come indiano e non riesce a imporsi come italiano. È una voce confusa che alla fine arriva alla sua origine, in un percorso di polvere e rimpianto che lo rende più virile e pronto alla vita, ma non gli fa perdere il suo soffice e benedetto sorriso da ragazzino.
La Dottoressa Mezzogiorno, corpo in trasformazione anch’essa (lacerata sulla schiena, gravida, persa e poi ritrovata) è la figura-cura (per i ragazzi e per se stessa), calata nella disperazione e che dalla disperazione è ripartita.
Il padre di Pollo, educatore balbuziente, è un emblema di una ricchezza imbalsamata, così come è il suo atteggiamento preparatorio nei confronti della morte (affidato a un quadro che si spera non venga mai venduto).
L’anima del film è in queste storie ben rappresentate e il segreto del suo funzionamento positivo è senza dubbio nel tocco, genuino, puramente femminile e mai per questo volgare, dell’autrice.
Francesca Archibugi, col passare degli anni non ha smarrito il suo saper guardare al mondo dei giovani con originalità e squisita bontà. Mignon è partita quasi diciotto anni fa ma l’Archibugi c’è sempre, con uno sguardo che penetra senza ferire o deludere nei suoi colpi. In questo film si impara a volare, con ali vergini che tremano all’aria. Si impara a volare eppure la bellezza di questa lezione è che tutti, giovani e adulti, devono essere pronti a una rincorsa. A qualsiasi latitudine, in qualsiasi deserto o appartamento della nostra età. Prima o poi, volare ci tocca.
A cura di Giuseppe Carrieri
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