Voglia di cinema e di vita
C’erano una volta Fellini, Antonioni, Pasolini. C’è oggi un nutrito gruppo di autori cinematografici che hanno in potenza un talento appunto inespresso. E trovano nella facilità di scimmiottare un linguaggio televisivo piatto, senza luci né ombre, la via più semplice da intraprendere. Rischiare è quasi sempre la cosa più difficile da fare. E il giovane e timido cinema italiano non sembra quasi mai aver voglia di provarci. E per un Sorrentino, un Crialese, un Costanzo che quanto meno ci provano, c’è un nutrito sottobosco che rimane pressoché immobile a guardare.
Anche Eugenio Cappuccio purtroppo appartiene a questa schiera di registi. Sono già diverse volte che ce lo dimostra. Prima con Il caricatore (1996), poi con Volevo solo dormirle addosso (2004), e oggi con Uno su due. Con in mano validissime storie, tutte perfettamente contestualizzate nell’Italia di oggi e in grado di coglierne gli umori più nascosti, Cappuccio si limita a trasportare sul grande schermo le parole scritte della sceneggiatura senza mostrarsi, senza dire la sua, senza manifestare personalità. È un film che si vede volentieri, Uno su due: la storia è intensa e coinvolgente, la sceneggiatura è scritta bene, mantiene sempre alta la tensione, è ironica senza essere volgare, è profonda senza essere patetica; gli attori, eccezion fatta per Anita Caprioli che sembra sempre non essere nel personaggio, sono tutti energici e vigorosi: Fabio Volo con accanto il maestro Ninetto Davoli – in stato di grazia – sembra trovare la sua dimensione, senza essere eccessivo, ma sempre presente, equilibrato, complice partecipe. È spontaneo il film; e sincero: riesce a trasmettere una gioia di vita, una speranzosa voglia di felicità che arriva dritta allo spettatore, coinvolgendolo emotivamente senza però chiedergli le lacrime e spingerlo al patetismo.
È qui dunque che nasce la rabbia: ci sono tutti gli elementi per un film con la F maiuscola e non lo diventa per la mancanza di coraggio registico. Qualcosa sembra muoversi nel cinema italiano, una spinta propulsiva sembra svilupparsi, ma ancora la strada da percorrere è lunga e articolata.
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