Prequel da brivido
È sempre più di moda realizzare prequel di film di successo, soprattutto horror o thriller. Sono recenti le realizzazioni di Non aprite quella porta: l’inizio (The Texas Chainsaw Massacre: The Beginning, John Liebesman, Usa 2006) o di L’esorcista: La genesi (Exorcist: The Beginning, Renny Harling, Usa 2004). Non si sa se questo dipenda dal fatto che al momento questo genere cinematografico sembra aver un po’ esaurito le sue risorse creative o perché quando una pellicola è un grande successo al botteghino si tenta sempre e comunque di bissarne il risultato, sia con sequel che con prequel.
Comunque è in questo filone che si inserisce anche Hannbial Lecter – Le origini del male, pellicola che va a indagare nella mente di Hannibal per capire cosa abbia scatenato in lui quella tremenda e terrificante violenza, già vista appunto fin dall’inizio degli anni novanta in Il silenzio degli innocenti (The Silence of the Lambs, Jonathan Demme, 1991), Hannibal (id., Ridley Scott, 2001), Red Dragon (id., Brett Ratner, 2002), e ancor prima in Manhunter (id., Michael Mann, 1986). Il film, diretto dal regista Peter Webber, che già si era fatto notare per la sua sapienza visiva in La ragazza con l’orecchino di perla (Girl with a Pearl Earring, 2003), riesce bene a focalizzare tutta la sua forza su un punto solo: il personaggio Hannibal, ormai sorta di icona culturale, probabilmente il più famoso antieroe della storia della cinematografia. Nato sempre dalla penna di uno dei più abili e prolifici scrittori di thriller psicologici, Thomas Harris, il film scava, si muove intorno e dentro alla mente di Hannibal, riuscendo a ottenere una contestualizzazione, sia geografica che storica, di grande fascino.
Un film che mantiene sempre il ritmo e il senso della suspence, grazie anche a un montaggio serrato e veloce, a una fotografia un po’ compiaciuta ma comunque perfettamente calata nel ruolo di soggetto attivo e fondamentale per creare atmosfere cupe e tese, buie e insieme allegoriche. A suggellare il già riuscito ritratto un cast d’eccellenza: nei panni della vedova giapponese la cinese, bella e conturbante Gong Li, mentre a raccogliere la pesante e difficile eredità di un mostro sacro come Anthony Hopkins, il giovane Gaspard Ulliel che, aiutato anche da una fisicità già di per sé inquietante, non cerca di emulare il suo predecessore ma trova una sua dimensione, uno spazio tutto suo. E Hannibal continua a intrigare e a far sobbalzare.
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