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Carnefici e vittime

Carnefici e vittime

Affascinante, intelligente e letale: l’eroina di Verhoeven è una Ellis nel paese delle meraviglie / degli orrori, un personaggio inserito in un contesto storico reale, ma che è, contemporaneamente, un fantasma. Con la sua pelle bianchissima, un corpo perfetto di porcellana, senza un nome definito, senza un colore di capelli definitivo, Ellis è spinta nella storia da una forza che la obbliga a sopravvivere, nonostante tutto. Il film stesso è il suo sogno / ricordo, vi entra e vi esce attraverso l’acqua, che è tempo fluido, nel quale un sasso lanciato provoca infinite onde, che vanno a turbare ogni periodo della storia.

I ruoli e il caos
Ogni amico è anche nemico: da subito, la famiglia che nasconde Rachel (che nessuno deve chiamare con il suo nome) è guidata da un uomo che obbliga la ragazza ebrea a imparare brevi versetti della Bibbia per avere in cambio un piatto di minestra. Un piccolo uomo che, nella sua piccola casa, compie un atto di sottomissione verso il più debole: il suo ruolo è quello dell’aguzzino mascherato da padre di famiglia.
Ellis sperimenta i cambiamenti che la guerra causa nelle persone. Condanna tutti al caos, alla fusione e confusione dei ruoli: il generale delle SS, responsabile di stragi di ebrei ed esecuzioni di partigiani, diventa nemico del suo stesso generale, cerca un accordo con gli ebrei, aiuta Ellis a fuggire da chi ha scoperto il suo gioco di spia; Ellis stessa, spia per la resistenza, diventa traditrice, forse, perché innamorata di un nazista. L’agognato arrivo dei canadesi non porta la pace sperata, ma è solo l’inizio di un altro periodo di caos e guerra, nel quale i partigiani stessi diventano nazisti nei modi, torturando e umiliando il loro stesso popolo, accusato di essere stato colluso con il nazismo durante la guerra. La totale mancanza di amore è sostituita dall’ebbrezza del Male, da una sorta di crudeltà totale, che livella nemici e amici allo stesso ruolo di carnefici. L’assoluta mancanza di giustizia è l’unico dato stabile nel caos della guerra.

I ricorsi della storia
La visione della guerra comporta sangue, umiliazione, assenza di giustizia: Verhoeven mostra tutto, riesce a rendere una favola da incubo con tale realismo, che non c’è scandalo nel sesso, nel sangue, nelle torture. C’è solo la constatazione dell’inevitabilità della morte e della guerra, che, come una malattia, corre lungo le onde della storia, a caccia di uomini e donne. Non serve che Ellis, ritornata Rachel, vada in cerca della propria felicità in Palestina. La guerra la stana in un kibbuz disperso nel deserto. Ma più che il terrore della morte, è devastante la percezione dell’inevitabilità della Vita, che continuerà a pretendere di passare indenne attraverso il Male, con un dolore che non è destinato a finire.

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